titolo 2° - DOVERI GENERALI DEL MEDICO

CAPO III - OBBLIGHI PECULIARI DEL MEDICO


Art. 10 Documentazione e tutela dei dati

Il medico deve tutelare la riservatezza dei dati personali e della documentazione in suo possesso riguardante le persone anche se affidata a codici o sistemi informatici.
Il medico deve informare i suoi collaboratori dell'obbligo del segreto professionale e deve vigilare affinchè essi vi si conformino.
Nelle pubblicazioni scientifiche di dati clinici o di osservazioni relative a singole persone, il medico deve assicurare la non identificabilità delle stesse.
Analogamente il medico non deve diffondere, attraverso la stampa o altri mezzi di informazione, notizie che possano consentire la identificazione del soggetto cui si riferiscono.

Commento
L’impianto dell’art. 10, che tratta del dovere fondamentale del medico di tutelare e garantire la riservatezza della documentazione in proprio possesso, viene nel nuovo codice di deontologia medica, semplicemente aggiornato e connesso alla nuova disciplina della privacy introdotta con la legge n. 675 del 1996.
Il titolo dell’articolo, infatti, viene ampliato in "Documentazione e tutela dei dati" proprio per sottolineare come - finalmente - l’Italia, mettendosi al pari con gli altri paesi europei ed extraeuropei, abbia inteso tutelare l’ambito dei dati cosiddetti sensibili, ossia di quei dati che riferendosi alla sfera più intima dell’individuo non devono correre il rischio di essere utilizzati in maniera distorta o, comunque, illegittima.
Il primo comma dell’articolo, risentendo di questa nuova disciplina, sottolinea la necessità per il medico di tutelare la riservatezza di questi dati personali e di tutta la documentazione a lui stesso affidata.
E’ stato volutamente eliminato in questo articolo il riferimento alla diffusione dei bollettini medici, problema che, proprio perché legato alla nuova disciplina in tema di privacy, si è voluto spostare all’articolo successivo, in quanto la situazione è sembrata più aderente a quella ivi descritta.
L’art. 10, come il precedente articolo, costituisce un'applicazione del c.d. principio della riservatezza che impronta di sè tutta la materia deontologica. In quest'articolo si fa specifico riferimento all'obbligo di conservare e custodire la documentazione clinica riguardante i pazienti garantendone la riservatezza. Ovviamente tale documentazione costituisce il supporto necessario per la diagnosi, cura e terapia del malato e pertanto non devono esservi altri interessati oltre al medico o ai medici curanti.
Indubbiamente una violazione del rapporto fiduciario che lega il medico al paziente influirebbe in modo negativo anche sulla prestazione professionale in quanto si introdurrebbero degli aspetti di reticenza da parte del malato timoroso di veder resi pubblici fatti e circostanze che preferirebbe mantenere riservati. L'introduzione anche nel campo sanitario dell'informatica rende ancora più delicato questo problema e obbliga il medico a vigilare con particolare attenzione sulla riservatezza delle informazioni di cui fatalmente entra in possesso.
Il medico con il progredire dei tempi sempre più facilmente opera in collaborazione con colleghi o con altre figure professionali (infermieri, tecnici etc.).
E’, peraltro, innegabile che la pubblicazione di interessanti esperienze medico-scientifiche rappresenta una garanzia fondamentale per il progresso della medicina. Anche in questa situazione si scontrano due interessi confliggenti: quello alla riservatezza del paziente che costituisce l'oggetto della pubblicazione e quello alla divulgazione scientifica dei dati e delle osservazioni ai fini del progresso della scienza medica. In questo caso (si ricordi che l'art. 9 della Cost. si preoccupa di tutelare la ricerca scientifica e tecnica) prevale il secondo interesse che deve però essere contemperato con il primo. Il medico deve, pertanto, prestare la massima attenzione affinchè dai dati e dalle osservazioni non sia possibile l'identificazione dei soggetti curati.
Lo stesso principio sussiste con maggior asprezza nei rapporti tra medico e mass media. Molto spesso, infatti, personaggi pubblici rischiano di veder pubblicate o comunque diffuse notizie riguardanti la loro malattia con rilevante danno alla loro sfera di intimità ed anche alla loro dignità personale. E' ovvio che il medico, per quanto in suo potere, non può rendersi colpevole di questi comportamenti ed è tenuto anche a vigilare sui propri collaboratori affinchè non trapelino notizie che possano danneggiare la riservatezza cui ha diritto anche la persona pubblica.