TRATTATO DI MEDICINA RESPIRATORIA

VOLUME II (Editore Piccin Padova)

A cura di Leonardo M. Fabbri Professore associato istituto di malattie dell’apparato respiratorio Università di Ferrara:

Presentazione dell’edizione Italiana prof. Luigi Allegra Professore Ordinario Istituto di Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio Università di Milano: prof. Alberto Ciaccia Professore Ordinario Istituto di malattie infettive e malattie

Dell’apparato respiratorio università di Ferrara

Capitolo 74: Patologia polmonare da farmaci

INTRODUZIONE

MECCANISMI DEL DANNO POLMONARE INDOTTO DA FARMACI

AGENTI CHEMIOTERAPICI

Introduzione

Agenti alchilanti

Agenti antibiotici

Antimetaboliti

Nitrosuree

Altri

ANTIBIOTICI

Nitrofurantoina: reazione acuta

Ninofurantoina: reazione cronica

Sulfasalazina

Miscellanea

FARMACI ILLECITI

Eroina

Metadone e propossifene

Granulomatosi da talco

FARMACI CARDIO VASCOLARI

Amiodarone

Protamina

Beta-bloccanti

Tocainide

ANTIIFIAMMATORI

Aspirina

Sali d'oro

Penicillamina

Altri farmaci antiinfiammatori non steroidei

Corticosteroidi

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO INDOTTO

DA FARMACI

AGENTI INALANTI

Olio

OSSIGENO

Altri agenti

DANNO ALVEOLARE ACUTO ASSOCIATO A

TRASFUSIONI

LEUCOSTASI INDOTTA DA MEZZI

DI CONTRASTO RADIOGRAFICI

MISCELLANEA

Edema polmonare indotto da tocolitici Idroclorotiazide

Metisergide

Contraccettivi orali

Idantoina

Dantrolene

INFILTRATI POLMONARI/EOSINOFILIA

RIASSUNTO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Si ritiene che 5-10% dei ricoveri ospedalieri sia determinato da reazioni avverse verso farmaci. È stato anche stimato che 1-5% delle morti ospedaliere siano correlate a farmaci. Il numero di morti annuali dovute a farmaci negli Stati, Unitì è valutabilè in decine di migliaia; tuttavia questi dati sono estremamente difficili da raccogliere e notoriamente imprecisi. Nonostante ciò i problemi correlati a reazioni avverse ai farmaci (che sono per la maggior parte prevenibili sono responsabili di costi, morbilità è mortalità considerevoli.La tabella 74-1 riportala classificazione delle reazioni a farmaci. Tuttavia, l'esatto meccanismo d'azione e solitamente Sconosciuto. Sappiamo molto poco circa le proprietà farmacocinetiche dei farmaci nei singoli pazienti.

 

Tabella 74.1. Clssificazione delle reazioni da farmaci

Iperdosagio

Intolleranza

Idiosincrasia

Effetti collaterali

Effetti secondari

Reazioni allergiche o di ipereensibilità      

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcuni metaboliti durano solo una frazione di secondo, per cui non si accumulano e non sono misurabili. Molti danni da farmaci inoltre non sono riproducibili negli animali. Se un farmaco, a dosi comprese nel range terapeutico, causasse una reazione avversa nella maggior parte dei pazienti che lo hanno ricevuto, tale farmaco non sarebbe utilizzabile.  Perciò solo una piccola percentuale della popolazione reagisce in qualche modo a questi farmaci. Pur conoscendo il meccanismo dell'insulto di alcuni farmaci, non sappiamo perché lo stesso insulto non si manifesti in più persone. Non comprendiamo perché ad un paziente si possa risomministrare a distanza di mesi o di anni lo stesso farmaco che aveva scatenato una reazione, senza che si manifesti la medesima reazione. Quali effetti hanno le assunzioni di più farmaci sullo sviluppo di una reazione avversa? Questo è un aspetto importante, in quanto è raro che un paziente ospedalizzato riceva un unico farmaco per volta. Nelle nostre nozioni queste lacune sono importanti e andranno prima o poi colmate. Alcuni effetti collaterali minori sono considerati un rischio accettabile, se si vuole ottenere un effetto benefico. Un nostro studio su biopsie polmonari a cielo aperto in pazienti immunocompromessi, rivela che nel 21 % di quelli affetti da una pneumopatia diffusa, la malattia polmonare era probabilmente mediata dai farmaci chemioterapeutici. Infine non vi e nessun obbligo legale di segnalare reazioni avverse ai farmaci. Noi stimiamo che meno del 5% di tutte le malattie polmonari indotte da reazioni ad un farmaco vengano segnalate. Una sede centralizzata per il registro di malattie polmonari indotte da farmaci chemioterapeutici sarebbe un valido contributo nel risolvere alcuni dei problemi che pone l’interpretazione delle molteplici varabili in questo tipo di reazione. Ci sono più di 75 farmaci capaci di interagire negativamente con il polmone, probabilmente in modi diversi. È essenziale che il clinico tenga a mente almeno i più comuni farmaci in grado di indurre una patologia polmonare, per riuscire a minimizzare mortalità e morbilità.

 

MECCANISMI DEL DANNO POLMONARE INDOTTO DA FARMACI

I meccanismi del danno polmonare da farmaci sono poco conosciuti, nonostante gli estensivi studi sugli animali. Oggi vengono riconosciuti quattro meccanismi: (1) danno ossidativo da ingestione cronica di nitrofurantoina, (2) effetto citotossico diretto sulle cellule endoteliali dei capillari alveolari da parte di farmaci citotossici (e questo potrebbe essere aggravato da insulti da ossidanti), (3) farmaci amfifilici quali l'amiodarone, che provocano un deposito di fosfolipidi all'interno delle cellule, e (4) un danno immuno-mediato tramite un lupus eritematoso sistemico indotto da farmaci. Sebbene siano state intraprese indagini estensive alla ricerca di altre forme di danno immuno-mediato, è stato verificato solo il lupus eritematoso sistemico. I polmoni sono conosciuti per le loro funzioni respiratorie, ma solo recentemente abbiamo cominciato a comprenderne le funzioni metaboliche. I polmoni sono attivamente coinvolti nella regolazione di parecchie importanti sostanze endogene vasoattive, tra le quali prostaglandine, angiotensina, serotonina, e bradichinina. Sino ad oggi, però, eccetto per la conversione dell'angiotensina, non ci sono prove che l'inibizione di questa funzione metabolica produca effetti sistemici; nessun'altra funzione specifica di un organo extrapolmonare è stata segnalata come direttamente regolata dal polmone. Molto poco si sa dell'azione metabolica sui farmaci compiuta dai polmoni. Si ritiene il danno ossidativo una delle forme più comuni di danno polmonare, attraverso molti meccanismi differenti, particolarmente nella sindrome da distress respiratorio dell'adulto. Si pensa che questo giochi un ruolo significativo in alcune delle malattie polmonari da farmaci, principalmente il danno cronico da nitrofurantoina, e possibilmente in molte delle lesioni; polmonari indotte da farmaci chemioterapici. In vitro, la nitrofurantoina è capace di generare sostanze tossiche derivanti dall'ossigeno, quali il perossido di idrogeno (H2O2), radicale ossidrilico (OH),superossido (O2) ed ossigeno singoletto (1O2). Questi radicali dell’ossigeno gerenano trasferimento di elettroni spaiati e a loro volta disattivano funzioni cellulari fondamentali.La nitrofurantoina potrebbe produrre fibrosi polmonare accelerando la genesi di radicali dell’ossigeno all’interno delle cellule polmonari, che poi superano i normali meccanismi anfiossidanti proiettivi utilizzabili per neutralizzare tali radicali. Questo a sua volta incita una reazione infiammatoria e fibrotica. Può essere che alcuni individui siano deficienti in glutatione cellulare, che normalmente dovrebbe proteggere dai radicali dell'ossigeno. È stato postulato che la lesione da chemioterapici sia una reazione tossica diretta. Molte ricerche sono state compiute con la bleomicina, poiché i suoi modelli animali di danno polmonare si correlano più strettamente con i modelli umani. La bleomicina è atipica anche in quanto non ha un importante effetto sul midollo osseo o sulla immunocompetenza. Il meccanismo esatto del danno polmonare è sconosciuto. Tuttavia le cellule epidermoidi del polmone e della cute contengono livelli minori di un’enzima specifico, inattivante il farmaco, rispetto alle cellule epiteliali di altri organi. Quindi il farmaco è in grado di accumularsi all'interno delle cellule, passare attraverso la membrana nucleare e produrre lesioni attraverso la frammentazione del DNA.La prima cellula ad essere colpita è la cellula alveolare di tipo I. Un tentativo di riparazione della cellula di tipo I è compiuto dalle cellule di tipo II, alcune delle quali si trasformano in cellule, di tipo I per ripristinare la normale barriera alveolo-capillare. La reattività della cellula di tipo. II dipende dalla fase del ciclo cellulare in cui si trova. Se è nelle fasi di quiescenza GO, la cellula sembra resistente al danno da bleomicina mentre se essa è nelle fasi proliferativa o di trasformazione, si osservano cambiamenti cellulari.In queste due fasi si manifesta una metaplasia atipica ed esuberante. Quindi sembra che le cellule metaplastiche.Osservabili dopo bleomicina, siano il risultato degli effetti del farmaco su meccanismi di sintesi, delle cellule epiteliali in via di differenziazione con una alterazione dei normali meccanismi di controllo epitelio-mesenchimali, è possibile l’instaurarsi di un processo fibroplastico. Per la bleomicina è stata anche dimostrata una stimolazione diretta dei fibroplasti con aumento della sintesi di collagene. Le cellule di tipo I sono particolarmente vunerabili agli insulti, ma nella fase di stato, cellula di tipo II con il suo lento turnover si considera generalmente più resistente. Somministrando ripetutamente il farmaco come avviene nella pratica con la bleomicina, prima questa verrà data durante un periodo in cui le cellule di tipo I sono nella fase proliferativa o di trasformazione. Visto che la tossicità della bleomicina sembra essere correlabile al dosaggio e all'età, essa probabilmente è in relazione ai livelli di enzima inattivante in certi individui, potendo sopraffare questo enzima con un elevato dosaggio totale. Sembra anche che ci sia una naturale deficienza dell'enzima in individui sopra i 70 anni. È possibile che alcuni individui, di qualsiasi età, siano insolitamente suscettibili in quanto naturalmente carenti in questo enzima. Non è noto se la bleomicina e altri farmaci chemioterapeutici stimolino la formazione di radicali dell'ossigeno come forma primaria di danno. Può essere che quando il danno si è manifestato, le normali sostanze antiossidanti, glutatione e superossido dismutasi, siano danneggiate o indebolite cosicché la somministrazione di ossigeno con una FIO2 elevata sia sufficiente a causare una lesione ossidativa. Non tutti i chemioterapici sono dose ed età correlati come la bleomicina. Tantomeno appare chiara la correlazione con un peggioramento da ossigenoterapia. Quindi, il meccanismo di tossicità può variare al variare del farmaco e della suscettibilità individuale. Poter predire quali individui risponderanno in maniera avversa è una sfida enorme per il ricercatore. Il nuovo farmaco amiodarone ha portato alla ribalta un altro meccanismo già conosciuto da parecchi anni: è il primo farmaco in uso clinico che ha prodotto una fosfolipidosi nel macrofago alveolare e nelle cellule di tipo II Negli individui che reagiscono in maniera avversa a questo farmaco, c'è un accumulo marcato di macrofagi alveolari anomali contenenti inclusioni lamellari composte da una gran varietà  di fosfolipidi. Non è chiaro se questa fosfolipidosi sia un effetto secondario e non la causa primaria della polmonite interstiziale, o se questa invece, stimoli la polmonite interstiziale con l'infiltrazione da parte dei leucociti polimorfonucleatti e dei linfociti.Ci sono più di 20 farmaci amfifilici cationici notoriamente capaci di indurre un disordine d’accumulo di fosfolipidi in molte cellule dell'organismo e, in modo particolare nei polmoni. Si pensa che questo porti ad un indebolimento nel catabolismo fosfolipidico piuttosto che ad un disordine dell’induzione. Le cellule contenenti queste inclusioni lamellari sono aumentate sia in dimensioni1 che numero. Non si è compreso per ora se 1'aumento nel numero è dovuto alla diminuita clearance o ad un aumentato reclutamento. Il processo è reversibile con la sospensione del farmaco. Il lupus eritematoso sistemico (LES) indotto da farmaci è un'altra pneumopatia iatrogena per la quale ci sono scarse nozioni del meccanismo d'azione.Ci sono due gruppi di farmaci associati con LES   farmaco-indotto. Il primo gruppo provoca la formazione di anticorpi antinucleo in una grossa percentuale di individui che assumono il farmaco, ma solo una piccola percentuale di questi sviluppa sintomi clinici del LES. Il secondo gruppo è composto da numerosi farmaci che sono stati segnalati in grado di indurre LES, ma molto di rado.Come i farmaci esattamente provochino anticorpi verso le proteine nucleari non è chiaro, poiché questi agenti non sono di per sé immunogenici. Nel LES farmaco-indotto, gli anticorpi sono primariamente contro gli istoni, in contrasto con il LES a sviluppo   idiopatico nel quale gli anticorpi antinucleari sono più eterogenei e consistono di anticorpi verso il DNA nativo, istoni, e proteine ribonucleari non istoniche, oltre che alla formazione di anticorpi verso componenti extranucleari dell'ospite come i fattori della coagulazione.Una ipotesi attuale che spieghi alcune di queste aberrazioni è che il farmaco agisce come un adiuvante o un immuno stimolante, producendo un disordine nel sistema di regolazione immune, piuttosto che inducendo una anormalità nella cellula effettrice. L'autoimmunità si sviluppa allora dalla espansione clonale di linfociti cellulo-specifici, che sono solitamente tenuti sotto controllo da un bilanciarsi di influenze helper/suppressor, piuttosto che da un'alterazione nei costituenti del self. Ulteriori ricerche in questa direzione potranno forse portare alla luce la prova che molte malattie indotte da farmaci agiscono in questo modo senza chiari segni di formazione di anticorpi antinucleo.

 

AGENTI CHEMIOTERAPICI

Introduzione

Le lesioni polmonari indotte da agenti chemioterapici. Sono un problema rilevante per gli specialisti pneumologi per due ragioni (1) possono essere letali e (2) simulano altre malattie polmonanari quali i processi infettivi. In quanto si associano spesso febbre. Lesioni polmonari indotte da chemioterapici furono individuate per la prima volta nel 1961 in un paziente trattato con busulfano, ma negli ultimi dieci anni esse sono diventate un problema importante, particolarmente nei riguardi di bleomicina, metotrexate e ciclofosfamide. Quasi tutti i pazienti che assumono questi farmaci sono ospiti immunocompromessi sia per la malattia per la quale vengono trattati che per gli effetti del farmaco. Oltre agli effetti polmonari, molti di questi pazienti hanno anche altri problemi, tra i quali le infezioni opportunistiche e localizzazioni polmonari della malattia per la quale il paziente viene trattato. La diagnosi di certezza di danno polmonare citotossico dipende da (1) storia di esposizione al farmaco, (2) evidenza istologica di danno polmonare, (3) esclusione di altre cause di danno polmonare. In molti casi è una diagnosi di esclusione, perché alcuni patologi sono restii ad attribuire le alterazioni visibili esclusivamente agli effetti del farmaco. Il criterio temporale ed appropriati studi istologici, generalmente permettono di escludere che altre condizioni abbiano prodotto questi effetti. I clinici che hanno in curara questi pazienti devono essere a conoscenza di tutti i farmaci che possono potenzialmente produrre effetti polmonari citotossici per poter minimizzare gli effetti stessi, qualora sia possibile. Sfortunatamente non esiste un test sierologico diagnostico e nemmeno uno studio tissutale che possa confermare la diagnosi. Sono attualmente in corso numerosi studi su modelli animali per fornire una migliore comprensione del meccanismo di queste reazioni da farmaco, nella speranza che modesti cambiamenti della composizione chimica di questi farmaci possano portare ad agenti chemioterapici più efficaci con minori effetti collaterali. I ricercatori sperano anche che studiando gli effetti dei farmaci sui polmoni si possa predire quali pazienti svilupperanno queste particolari reazioni. Globalmente, meno del 10% dei pazienti che assumono questi farmaci sviluppa effetti collaterali polmonari, e il tentativo di predire quali saranno i soggetti colpiti è stato l'obiettivo della maggior parte degli autori che hanno esaminato le numerose segnalazioni di questi effetti collaterali. È evidente come vi sia una ampia variabilità nei modi con i quali i farmaci chemioterapici possono colpire i polmoni, ed anche se lo stadio finale delle alterazioni istogiche è simile per molti dei farmaci, i meccanismi di danno possono essere alquanto differenti. Di seguito viene offerta una panoramica dei vari tipi di manifestazioni rinvenibili con i diversi farmaci. Nella Tabbella: 74-2 viene riportato un elenco di questi farmaci in base alla loro azione farmacologica-chemioterapica. Il quadro clinico degli effetti di questi farmaci è abbastanza simile, con l'eccezione che alcuni tendono a manifestarsi più acutamente, mentre altri si manifestano in modo cronico. Tipicamente, sintomi come dispnea, tosse non produttiva, e frequentemente febbre iniziano da qualche settimana ad anni dall'assunzione del farmaco. La febbre si associa alla maggior parte delle pneumopatie da farmaci, ma può non essere una febbre consistente in quanto ci possono essere giorni di apiressia evidente pur durante assunzione del farmaco. I brividi sono abitualmente assenti, mentre comune è la perdita di peso. La radiografia del torace può essere normale per giorni o settimane prima che si manifestino eventuali alterazioni tipiche di un quadro interstiziale diffuso. Occasionalmente, vi è un quadro alveolo-interstiziale diffuso che può essere d'aiuto al radiologo esperto o allo specialista che in cura questi pazienti nel riconoscere un effetto precoce del farmaco, ma comunque non si tratta di un reperto diagnostico (Figura 74-1). Non esistono alterazioni radiografiche caratteristiche per nessuna pneumopatia da farmaci, con l'unica eccezione di una linfoadenopatia ilare visibili in polmoniti da metotrexate. L’autoscultazione toracica svela la presenza di rantoli, ma questo reperto, naturalmente, è comune in molte malattie infettive, nello scompenso cardiaco congestizio, e in corso di fibrosi idiopatiche. Piccoli versamenti pleurici si possono manifestare come conseguenza di alcune di queste reazioni ma, anche in questo caso, non abbastanza frequentemente per essere di ausilio diagnostico; ovviamente, un versamento si manifesta in molte altre malattie polmonari diffuse. La presenza di dita a bacchetta di tamburo none mai stata segnalata in corso di questo tipo di reazioni. Le prove di funzionalità respiratoria sono alterate praticamente in tutti i pazienti con pnumopatie da citostatici, se confrontate con la funzionalità respiratoria precedente alla malattia. La capacità di diffusione del CO può ridursi prima che diminuiscano i volumi polmonari. Non vi è alcuna riduzione sproporzionata nei flussi. La riduzione della capacità di diffusione può precedere di giorni o settimane l’esordio clinico dei sintomi e le alterazioni radiografiche. In alcuni studi prospettici la capacità di diffusione è stata utilizzata per evidenziare i primi segni della reazione polmonare. In conseguenza di ciò, il farmaco o i farmaci vengono sospesi per minimizzare la progressione verso la malattia clinica. La scintigrafia polmonare con Gallio 67 mostra una aumentata captazione nella maggior parte delle reazioni ai chemioterapici.

 

Tabella 74-2. Azione farmacologica degli Agenti chemioterapici

Alchilanti

Busulfano

Ciclofosfamide

 

Melfalan

Antibiotici

Bleomicina

Mitomicina C

Atimetaboliti

Metotrexate

Mercaptopurina

Azatioprina

Nitrosamine

BCNU

CCNU

Metil CCNU

Altri

Procarbazina

Zinostatina

Etoposide (VP-16)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La positività di questo test precede la comparsa delle alterazioni radiografiche e pur essendo un test costoso, è stato usato come un indice di danno. Il lavaggio bronco alveolare potrebbe essere un altro mezzo per valutare i danni polmonari precoci da questi farmaci; tuttavia, i risultati sono per ora abbastanza discordanti. Ciò che non si conosce è la frequenza con la quale si producono alterazioni istologiche senza progressione verso la malattia clinica. Alcune casistiche su pazienti che assumevano questi farmaci hanno dimostrato atipie nella citologia dell'espettorato in un elevato numero di soggetti privi difetti clinici. Le alterazioni citotossiche polmonari sono alterazioni istologiche che per alcuni patologi sono caratteristiche dell'effetto del farmaco chemioterapico in virtù delle marcate atipie prodotte nei pneumociti di tipo II Le cellule di tipo I sono ridotte di numero, mentre c'è un incremento nel numero di pneumociti di tipo II, che mostrano quelle che furono originariamente descritte come alterazioni bizzarre. Tuttavia, il rapporto nucleo-citoplasma rimane nella norma, e non vi è aumento del numero delle mitosi in queste cellule, così che non possono realmente essere interpretate come alterazioni maligne. Vi è una marcata reazione infiammatoria nell’interstizio, così come un deposito di fibrina e di collagene. Queste alterazioni possono progredire fino al quadro di una fibrosi grave, portando ad insufficienza respiratoria ed all'exitus. In questa rassegna non sono state incluse segnalazioni sparse di singoli casi di polmonite associati con altri agenti chemioterapici.

 

Agenti alchilanti

Busulfano. Il busulfano è il farmaco di scelta per i disordini mieloproliferativi cronici. L'intervallo medio fra l'inizio della terapia ed il manifestarsi dei sintomi dovuti agli effetti collaterali del farmaco è di circa quattro anni, con un range che va da otto mesi a dieci, anni, ma in alcuni casi può manifestarsi già prima di sei settimane. L'incidenza stimata è meno del 5%, anche se il range varia dal 2,5% al 43%, a seconda dei criteri usati. La comparsa di dispnea, tosse è febbre è abitualmente più insidiosa rispetto ad altre malattie polmonari da citotossici. È stata persino segnalata una sua manifestazione dopo mesi dalla sospensione della terapia, ma sembra che il danno cominci durante il periodo di terapia e progredisca subclinicamente dopo la sospensione del farmaco. La risposta alla sospensione del farmaco e all’aggiunta di cortiocosteroidi sono abbastanza variabili; alcuni pazienti migliorano altri progrediscono verso l'exitus. Non è chiaro se si tratti di un danno dose dipendente, poiché alcuni pazienti con pneumopatia da busulfano hanno ricevuto alti dosaggi per molti anni, mentre in altri la malattia si manifesta con dosi di gran lunga inferiori. Una terapia radiante concomitante può giocare un ruolo sfavorevole, al pari di quanto rilevabile per alcuni degli altri chemioterapici. La radiografia del torace (più che per gli altri chemioterapici pneumotossici) mostra la combinazione di un processo alveolo-interstiziale, probabilmente dovuto ad un maggior grado di desquamazione all'interno degli spazi alveolari.

 

Ciclofosfamide. Sino al 1984 (data alla quale risalgono questi dati), sono stati segnalati almeno 300 casi di pneumopatia da ciclofosfamide, ma ciò rappresenta probabilmente una grossolana sottostima. L'autore di questo capitolo ha personalmente visto un certo numero di questi casi, che non ha segnalato. L'effetto dannoso della ciclofosfamide potrebbe essere più variabile rispetto a quello di altri farmaci. La comparsa di dispnea, tosse, e febbre può iniziare in qualunque momento, da tre settimane a parecchi anni  dopo l'inizio della terapia. Ci sono stati diversi casi con esordio da pochi mesi a sei anni dopo la sospensione del farmaco. Quanto sia veritiero questo esordio estremamente tardivo è poco chiaro, ma chi scrive ha visto iniziare la malattia per lo meno qualche mese più tardi, dalla sospensione del farmaco. Può essere che un danno subclinico venga aggravato da qualche evento secondario sconosciuto, come un'infezione virale. La progressione della malattia è pure abbastanza variabile, andando da un decorso molto insidioso ad uno rapido con decesso in poche settimane, nonostante, la somministrazione di corticosteroidi. Ci sono indicazioni che il concomitante uso di cortiocosteroidi possa proteggere il paziente dalle sequele più gravi. Non sembra esserci una relazione tra dose e malattia polmonare e nemmeno sembra esserci un netto sinergismo tra ciclofosfamide ed altri farmaci, con la possibile eccezione del BCNU. C'è stata una segnalazione, confermata dalla nostra esperienza, di una risomministrazione negativa, cioè, il farmaco è stato reintrodotto senza successive sequele polmonari. Questo effetto è simile alla risposta che si riscontra nelle polmoniti da metotrexate.

Clorambucil. Questo farmaco viene usato principalmente nei disordini linfocitici cronici. Il quadro   clinico, i reperti toracici radiografici e l'istologia sono simili a quelli descritti in altre reazioni polmonari citotossiche. L'esordio è generalmente insidioso, manifestandosi da sei mesi ad un anno o più dopo l'inizio della terapia.

Melfalan. Ci sono stati solo pochi casi ben documentati di tossicità polmonare con questo farmaco, che viene usato nel trattamento del mieloma multiplo, sebbene ci sia qualche evidenza che questa incidenza possa essere sottostimata. Il decorso varia   da acuto a subacuto. Non ci sono aspetti particolari che possano far prevedere quale paziente svilupperà effetti collaterali. Ci deve essere comunque un'incidenza molto bassa di effetti collaterali, in virtù del fatto che questo è il farmaco di scelta per il trattamento di una malattia relativamente cronica.

 

 Agenti antibiotici

 

Bleomicina. La tossicità polmonare da bleomicina è la più comune malattia polmonare da chemioterapia ed è anche la meglio studiata. Da tempo, infatti, si è notato che un numerò significativo dei pazienti trattati con questo farmaco sviluppava un danno polmonare tossico. Protocolli di studio che utilizzavano frequenti controlli della funzionalità respiratoria e radiografie del torace hanno rivelato che più del 20% dei pazienti trattati avrebbe sviluppato una malattia polmonare clinica e che l’2% sarebbe morto per le sequele polmonari. Più noti sono gli altri parametri riguardanti la tossicità polmonare come il fatto che vi è un aumento significativo di lesioni polmonari negli ultrasettantenni ed in coloro che hanno ricevuto una dose totale di bleomicina superiore alle 450 unità con una percentuale di decessi del 10% in coloro che hanno ricevuto una dose superiore a 550 unità. In questi studi, il frequente monitoraggio della capacità di diffusione del monossido di carbonio poteva far prevedere una successiva evoluzione verso la forma clinica, preceduta da una diminuzione dei volumi polmonari. È stato suggerito che, qualora si assista ad una progressiva caduta nella capacità di diffusione del monossido di carbonio, il farmaco venga sospeso. C’è una correlazione ben definita con precedente o concomitante radioterapia toracica, in grado di aumentare l'incidenza di tossicità polmonare grave da bleomicina. Esiste anche la prova di un effetto sinergico tra precedente o concomitante somministrazione di bleomicina e una successiva somministrazione di ossigeno ad alta concentrazione, come comunemente si usa durante anestesia e nel periodo di recupero post-operatorio. Non è noto per quanto tempo dopo esposizione a bleomicina una alta concentrazione di ossigeno inspirato possa predisporre alla tossicità polmonare, ma certamente un intervallo inferiore ai sei mesi è da considerare molto rischioso.Gli anestesisti e chiunque si occupi di questi pazienti dovrebbero evitare, se possibile, esposizioni ad alte concentrazioni di ossigeno inspirato. Non sappiamo se questo sinergismo tra radiazioni ed ossigeno esista o meno per altri agenti chemioterapici. Sembrerebbe anche esistere un sinergismo tra bleomicina e ciclofosfamide. La tossicità polmonare da bleomicina può essere reversibile se le lesioni tossiche sono di entità minima. In una casistica è stato dimostrato che se il paziente sopravvive all'evento acuto, le lesioni polmonari sono reversibili. Tuttavia, in presenza di una significativa ipossia da fibrosi, il processo può progredire nonostante la somministrazione di corticosteroidi. Esiste una rara forma di tossicità da bleomicina che si manifesta con meccanismo di ipersensibilità, associata ad un esordio acuto, a febbre e ad eosinofilia. La sospensione del farmaco e l'impiego di corticosteroidi portano alla regressione del processo.

Mitomicina. Questo farmaco viene utilizzato per diverse neoplasie, da solo o in combinazione con altri farmaci. L'incidenza della malattia polmonare da mitomicina è sconosciuta, ma in due diverse casistiche, l'incidenza variava dal 12 al 39%. Il quadro clinico, i reperti radiografici e l'istologia sono simili a quelli di altre reazioni da farmaci, anche se l'incidenza della febbre sembrerebbe essere inferiore. La risposta ai corticosteroidi è impressionante in un certo numero di pazienti, probabilmente più che per altre forme di polmoniti da chemioterapici. Tuttavia, sono stati segnalati almeno sette casi di una reazione molto insolita; uno di questi è stato visto anche da noi, con anemia emolitica microangiopatica associata ad insufficienza renale ed edema polmonare non cardiogeno. Questi pazienti avevano ricevuto anche 5-FU farmaco normalmente non considerato tossico per i polmoni; in alcuni di questi pazienti le manifestazioni della reazione sono state apparentemente precipitate da emotrasfusioni. Istologicamente le alterazioni microangiopatiche sono visibili nei reni e nei polmoni, con iperplasia dell'intima delle arteriole, a volte associata con completa occlusione del lume, oltre che con prominente atipia nucleare delle cellule dei capillari e con trombi capillari di fibrina. Tutti questi casi hanno avuto esito letale.

Antimetaboliti

Metotrexate. Questo farmaco è usato in molti schemi combinati per il trattamento di neoplasie, compresa la leucemia linfocitica acuta dei bambini, così come per alcune situazioni morbose non maligne come la psoriasi e l'artrite reumatoide. Sono state segnalate diverse centinaia di casi di reazioni polmonari avverse. La polmonite da metotrexate è particolarissima e solo pochi decessi sono stati segnalati. L'esordio con dispnea, tosse non produttiva e febbre può avvenire da pochi giorni a diverse settimane dopo l'inizio della terapia e in rari casi dopo mesi o anni. Quasi sempre il processo è reversibile, con o senza l’aggiunta di corticosteroidi. L'eosinofilia periferica è presente in almeno la metà dei casi, e si pensa che la malattia sia una forma di polmonite da ipersensibilità. (Per approfondimenti su questa malattia, vedi il Capitolo 69.) L'aspetto affascinante di questa reazione è che il farmaco può essere reintrodotto successivamente alla risoluzione della polmonite senza che avvengano ulteriori riacutizzazioni dei sintomi o dei reperti. È possibile che qualche altro evento come una polmonite virale stimoli questa reazione, ma comunque non sono stati segnalati casi di manifesta polmonite virale in questo contesto. In circa un terzo dei pazienti compaiono granulomi appena accennati, anche in questo, caso un reperto insolito. Non sono presenti; le atipie cellulari rinvenibili nelle reazioni citotossiche. La radiografia del torace mostra un infiltrato diffuso più omogeneo rispetto a quello che avviene con altri agenti. Adenopatia ilare pleurite si manifestano almeno nel 10-15% dei pazienti. Inoltre, contrariamente alla maggior parte delle altre reazioni avverse farmacologiche, gli studi prospettici dei pazienti che assumono questo farmaco non hanno dimostrato una diminuzione della capacità di diffusione alveolo-capillare che possa svelare una tossicità sub-clinica.La reazione non è così dose-dipendente come per le altre reazioni a chemioterapici.Con i bassi dosaggi di metotrexate (es.10mg/settimana) utilizzati per l'artrite reumatoide, le complicanze polmonari si manifestano in circa il 5% dei pazienti. Non vi è correlazione con l'età o con malattie precedenti. Ci sono solo alcune segnalazioni di reazioni letali avvenute sia per somministrazione intratecale di metotrexate sia per ingestione orale dopo precedenti iniezioni intratecali.

 

Azatioprina. Esistono molti casi segnalati di polmonite da azatioprina. L'incidenza di una polmonite interstiziale da azatioprina e ormai nota, considerando che questo farmaco è usato in numerose condizioni neoplastiche e non neoplastiche, inclusi malattie diffuse del connettivo e disordini ematologiche non neoplastici. Tuttavia, la possibilità di una polmonite da azatioprina in ogni paziente trattato con questo farmaco dovrebbe essere tenuta presente. Essa viene metabolizzata in 6-mercaptopurina, per la quale ci sono molte segnalazioni di polmonite interstiziale della varietà citotossica. Tuttavia, la maggior parte di questi pazienti hanno ricevuto altri farmaci che potenzialmente possono essere implicati nella polmonite.

Citosina arabinoside. Questo farmaco viene usato per indurre remissione nella leucemia acuta, ed è stato associato con un'inspiegabile e letale forma di edema polmonare non cardiogeno. L'istologia mostra molto materiale proteinaceo intraalveolare con minime anormalità parenchimali, senza atipie cellulari ed infiltrazione mononucleata descritte per altri farmaci citotossici. In due vaste casistiche, dal 22 al 35% dei pazienti con effetti collaterali hanno sviluppato un distress respiratorio durante la somministrazione del farmaco, mentre circa la metà ha sviluppato sintomi entro un mese dalla sospensione. Il meccanismo è sconosciuto.

Nitrosuree

BCNU. L'incidenza della tossicità polmonare varia dall'1,5 al 20% e sembra essere dose-dipendente con 50% di rischio di malattia polmonare per un dosaggio totale che superi i 1500 mg/m2. Tuttavia, ci sono segnalazioni di effetti polmonari occorsi con dosaggio molto inferiori. La durata della terapia prima dell’inizio della tossicità polmonare varia da sei mesi a tre anni. Potrebbe esserci anche un effetto sinergico con ciclofosfamide, probabilmente con terapia radiante, e con altri farmaci. Il decorso clinico è simile a quello delle polmoniti da bleomicina e da ciclofosfamide. Il risultato è imprevedibile e a volte fatale. Ci sono poche segnalazioni di tossicità polmonare con metil CCNU e CCNU. Apparentemente la febbre è meno comunemente associata con questa forma di tossicità     polmonare rispetto alla maggior parte degli altri farmaci chemioterapici. 

Altri

Procarbazina. La procarbazina è stata usata per anni in combinazioni terapeutiche nel morbo di Hodgkin e quindi l'incidenza degli effetti collaterali polmonari dovrebbe essere abbastanza piccola, considerando il numero di dosi in pazienti che hanno ricevuto questo farmaco ed il fatto che solo pochi sono i casi segnalati di probabile polmonite da procarbazina.Gli effetti possono essere citotossici, in altri casi la tossicità è dovuta ad una reazione di ipersensibilità associata ad eosinofilia, con esordio rapido e scomparsa dei sintomi con la sospensione del farmaco.

Zinostatina.Ci sono poche segnalazioni di tossicità da zinostatina manifestatesi dopo assunzione del farmaco per un lungo periodo. Peculiare di questo farmaco è la segnalazione di ipertrofia del tessuto vascolare polmonare, apparentemente associata all’effetto citotossico.

Etoposide (VP-16). Questo farmaco è utilizzato in associazioni chemioterapiche con ciclofosfamide e metotrexate per il carcinoma a piccole cellule del polmone. È stato implicato come causa di elevata   incidenza di citotossicità polmonare.

Radiazioni. Gli effetti cronici delle radiazioni sono ben noti. Iniziano dopo sei o più mesi dall'inizio   della terapia radiante, ed il loro effetto principale è una tossicità vascolare. Gli effetti acuti delle radiazioni possono produrre alterazioni istologiche e possono occasionalmente interessare aree polmonari. Al di fuori del campo irradiato. Il processo inizia solitamente 3-8 settimane dopo l’inizio della terapia e può rapidamente progredire verso un esito infausto, nonostante l’uso di corticosteroidi. Può presentarsi febbre e la malattia può regredire spontaneamente o progredire verso le sequele croniche della radioterapia.

 

ANTIBIOTICI

Nitrofurantoina: reazione acuta

La polmonite acuta da nitrofurantoina è probabilmente tra le più comuni patologie polmonari indotte da farmaci. Lo Swedish Adverse Drug Reaction Committee ha raccolto 921 pazienti con reazioni avverse a questo farmaco; di queste il 43% erano reazioni polmonari acute ed un ulteriore 5% erano dovute a polmonite interstiziale cronica. È stato anche stimato che, in totale, queste reazioni si manifestavano in meno dell'2% delle persone che assumono nitrofurantoina, ma sia il numero assoluto che quello relativo di segnalazioni è in aumento. Il 71% delle reazioni era sufficientemente grave da necessitare una ospedalizzazione, ma solo 1'1% di queste fu letale. I decessi comprendevano 4 pazienti su 49 con fibrosi polmonare cronica e 2 su 398 con reazioni polmonari acute. Le reazioni polmonari acute sono probabilmente sottostimate e, chiaramente, poco segnalate. È interessante notare che, dei 921 pazienti, 172 riferivano un utilizzo precedente di nitrofurantoina, mentre oltre la metà di questi aveva manifestato reazioni indesiderate extrapolmonari prima dell'attuale esposizione. In altre casistiche l'incidenza è stata valutata tra 1 su 550 e 1 su 5400 soggetti. Il meccanismo della reazione acuta è sconosciuto, mentre la reazione cronica è più probabilmente dovuta all’induzione di un effetto ossidante. Esistono solo pochi studi sull'istologia polmonare di soggetti con polmonite acuta da nitrofurantoina; questi hanno mostrato una proliferazione di fibroplasti ed un infiltrato linfoplasmocitico, occasionalmente con desquamazione cellulare intraalveolare. Nonostante l'eosinofilia periferica, non sono stati osservati eosinofili nel tessuto polmonare. Con l'immunofluorescenza sono state riscontrate plasmacellule cariche di IgA, ma nessun’altra classe di immunoglobuline è stata rinvenuta, così come non sono stati osservati complessi antigene-anticorpo. Sono state postulate da diversi autori reazioni di ipersensibilità di tipo I, III, IV; uno studio dimostra una prolungata trasformazione linfocitica con produzione di fattore inibente la migrazione (MÌF) in un paziente colpito da reazione polmonare acuta. È comunque poco probabile il coinvolgimento di una reazione di tipo IV nel danno di tipo acuto. Le implicazioni di questi dati sono ancora poco chiare. La reazione tipica inizia da poche ore a qualche giorno dopo l'inizio della terapia. Sembra essere più comune nei soggetti di sesso femminile, ma ciò è probabilmente dovuto al frequente uso nelle donne di questo farmaco per infezioni del tratto urinario. La febbre è presente nella maggior parte dei casi così come la dispnea, mentre la tosse si presenta in circa un terzo dei casi. Occasionalmente è stata riscontrata leucocitosi ed eosinofilia (in un terzo dei casi) ed elevata velocità di eritrosedimentazione (in circa la metà dei casi). La radiografia del torace mostra sia quadri di interessamento alveolare che interstiziale o la coesistenza di entrambi i processi. Il processo può essere unilaterale o asimmetrico ed è generalmente più pronunciato alle basi. Versamento pleurico si riscontra in un terzo dei casi, più frequentemente unilaterale. Sono stati riportati casi di broncospasmo, ma la sua incidenza è sconosciuta. Quest'ultimo può manifestarsi in assenza di malattia polmonare o pleurica. La comparsa dei sintomi acuti non sembra dose-dipendente, potendosi manifestare con un singolo basso dosaggio di 25 mg, mentre la dose media giornaliera è tra 100 e 150 mg. Un dolore toracico di tipo pleuritico si manifesta in circa un terzo dei casi, simulando un'embolia polmonare acuta, in misura minore, una polmonite o l'infarto miocardico. Rantoli sono apprezzabili nella maggior parte dei casi. Non sono stati descritti studi particolareggiati su versamenti pleurici in corso di reazioni acute da nitrofurantoina. Non c'è altro modo di diagnosticare una polmonite acuta da nitrofurantoina se non sospettare il farmaco e sospendere la somministrazione. Sfortunatamente molti di questi pazienti non accennano al farmaco quando gli si chiede che farmaci assumono, in quanto se lo autoprescrivono. Il paziente viene spesso ricoverato in ospedale per la presenza di infiltrati polmonari bilaterali, febbre, dispnea ed ipossiemia, si sospendono tutti farmaci in corso e la polmonite si risolve spontaneamente; in tal caso si è portati a presumere che gli antibiotici iniziati durante la degenza abbiano portato a guarigione. Il trattamento consiste nell'interrompere la cura e fornire misure di supporto. Non è del tutto chiaro se i corticosteroidi accelerino la risoluzione; probabilmente non vi è nessuna indicazione al loro utilizzo.Non esistono neppure indicazioni per la risomministrazione, come conferma diagnostica. Per ora non sono giunte segnalazioni su dati ricavati dal lavaggio broncoalveolare o su studi delle proteine del fluido polmonare in pazienti con reazioni acute alla nitrofurantoina, né tantomeno esistono studi globali sul lavaggio broncoalveolare in malattie polmonari indotte da farmaci. È stato infine anche segnalato un lupus eritematoso sistemico indotto da nitrofurantoina con interessamento pleuropolmonare e positività degli anticorpi antinucleo.

 

Nitrofurantoina: reazione cronica

Non esiste sovrapposizione tra reazioni polmonari acute e croniche, probabilmente perché i meccanismi sono completamente diversi. Martin ha dimostrato con studi in vitro che l'incubazione con nitrofurantoina risultava in un danno significativo delle cellule polmonari attraverso la generazione di radicali dell'ossigeno, i quali, si ipotizza, esercitano i loro effetti generando singoli trasferimenti di elettroni all'interno dei sistemi biologici, similmente a quanto accade con il paraquat e probabilmente con altri farmaci.(Vedi Meccanismi del danno polmonare indotto da farmaci).Le reazioni croniche da nitrofurantoina si manifestano assai più di rado delle reazioni polmonari acute. In questo tipo di reazioni febbre ed eosinofilia sono molto meno frequenti.La comparsa di dispnea e tosse è solitamente insidiosa, potendo iniziare da sei mesi a molti anni dopo l'utilizzo cronico di nitrofurantoina, sia esso continuo che intermittente. Anche in questo caso le reazioni sono più comuni fra le donne. La radiografia del torace mostra un processo interstiziale diffuso, senza versamento pleurico.Non si associano broncospasmo o malattia ostruttiva delle vie aeree. La funzionalità respiratoria mostra un quadro di tipo restrittivo e l'analisi istologica del tessuto polmonare mostra fibrosi e qualche cellula Infiammatoria. Clinicamente, radiologicamente ed istologicamente questa condizione simula una polmonite interstiziale idiomatica con fibrosi, con l’unica differenza dovuta all’ingestione cronica di nitrofurantoina da parte di questi pazienti. Per quanto riguarda l’utilità dei corticosteroidi, i dati sono discordanti. La nostra esperienza è che bisogna quasi sempre al loro uso per ottenere una risoluzione significativa.Altri autori sostengono che l'infiltrato si risolve spontaneamente con l'interruzione dell'assunzione di nitrofurantoina. Si raccomanda l'osservazione del paziente nei due/quattro mesi in seguito all'interruzione della somministrazione di nitrofurantoina con ripetizione della radiografia del torace e delle prove di funzionalità respiratoria. Se non ci sono miglioramenti, è utile un tentativo terapeutico con i cortiocosteroidi.

Sulfasalazina

La sulfasalazina è un antibiotico che è stato utilizzato per molti anni nella cura della colite ulcerosa cronica. Nel 1984 sono stati segnalati 11 casi di reazioni polmonari avverse, 7 dei quali di sesso maschile. Il dosaggio variava da 1,5 g/die a 8 g/die, con una durata di assunzione variabile da uno a otto mesi prima della comparsa di sintomi (tosse, dispnea e, in circa la metà dei casi, febbre).Oltre a questo, esistono almeno altri tre casi. La radiografia del torace mostra una certa variabilità nei quadri d'infiltrazione polmonare, spaziando da infiltrati ai lobi superiori a quadri interstiziali diffusi. Più della metà dei casi presentava una significativa eosinofilia periferica, mentre nessuno mostrava infiltrati polmonari migranti. Un decesso venne attribuito ad alveolite fibrosante. Nei rimanenti, la risoluzione si manifestava da una settimana a sei mesi dopo la sospensione, del farmaco.La sulfasalazina viene, metabolizzata ad acido 5-aminosalicilico e sulfapiridina, entrambi implicati in polmoniti eosinofile. Tre dei dieci pazienti riferiva una storia di reazioni allergiche extrapolmonari verso i salicilati o i sulfonamidi.

Miscellanea

Esistono molte segnalazioni di casi singoli di reazioni insolite a diversi antibiotici. È difficile comunque stabilire la loro reale significatività visto il largo utilizzo degli antibiotici. La polimixina per via aerosolica è stata associata ad un peggioramento significativo della broncopneumopatia cronica ostruttiva. Non è comunque chiaro se questa risposta sia in relazione al farmaco o rappresenti piuttosto un effetto di natura irritante in un soggetto con vie aeree irritabili. Per gli antibiotici aminoglicosidici e la polimixina si riconosce la capacità di indurre debolezza della muscolatura respiratoria in presenza di eccessivi valori ematici. Livelli ematici tossici sono riscontrabili in individui in cui questi farmaci vengono somministrati per instillazione negli spazi pleurici o peritoneali, in soggetti con insufficienza renale, o quando il paziente abbia ricevuto un agente miorilassante al momento dell'anestesia generale, con insorgenza secondaria di debolezza muscolare o paralisi. Tali effetti sono reversibili con fisostigmina. Contemporaneamente, il paziente deve essere sostenuto con ventilazione assistita ed ossigeno sino a quando l'antidoto diventa efficace o l'antibiotico venga metabolizzato. Nel 1981, un rapporto del NIH constatava che l'uso concomitante di amfotericina durante trasfusioni di leucociti predisponeva il paziente ad emorragia intraalveolare acuta, in alcuni casi con esito letale. In un rapporto successivo, però, queste reazioni non venivano confermate.

 

FARMACI ILLECITI

Eroina

Sebbene la nitrofurantoina sembri essere il farmaco prescritto che più comunemente da luogo ad effetti polmonari avversi, l'edema polmonare da eroina è probabilmente la malattia polmonare da farmaci più comune a livello mondiale. L'eroina è diacetilmorfina e, data l’aumentata solubilità lipidica,essa supera la barriera emato-encefalica più prontamente della morfina.Viene rapidamente idrolizzata a monoacetilmorfina e successivamente a morfina. Esistono svariati meccanismi ipotizzati per spiegare la patogenesi dell'edema polmonare non cardiogeno indotto da eroina. Questi comprendono (1) un effetto tossico diretto sulla membrana alveolo-capillare che porta ad un'aumentata permeabilità e stravaso di fluidi all’interno degli spaziai alveolari, (2: una risposta neurogenica ad un danno del sistema nervoso centrale, (3) una reazione allergica o di ipersensibilità, e (4) un effetto ipossico acuto sulla membrana dei capillari alveolari con aumento secondario della permeabilità. La teoria ipossica è quella più comunemente proposta, ma molte altre cause di ipossia acuta, come iperdosaggi di barbiturici o depressione del centro respiratorio, raramente provocano edema polmonare acuto non cardiogeno.Sono state segnalate anomalie immunologiche, tra cui diminuzione del complemento in toto, del fattore C3 del complemento, e di immunoglobuline, insieme alla dimostrazione di immunocomplessi nella parete dei capillari alveolari. Tuttavia, è poco probabile che questo sia il meccanismo primario. Noi propendiamo maggiormente per la teoria neurogenica. L'edema polmonare da eroina può manifestarsi alla prima somministrazione endovenosa del farmaco. Si pensa che gli effetti dell'eroina siano in relazione al dosaggio totale, essendo l'edema polmonare il risultato di una overdose. Tuttavia, l'esatto dosaggio è quasi sempre sconosciuto. Sino al 40% dei tossicodipendenti ospedalizzati per overdose acuta del farmaco presentano edema polmonare acuto con ipossiemia ed ipercapnia. Questo edema polmonare non cardiogeno è indistinguibile da altre forme di edema polmonare non cardiogeno. La pressione capillare polmonare con catetere incuneato è tipicamente nei limiti della norma, come lo è anche l'immagine cardiaca, a meno che coesistono problemi cardiaci distinti. Solitamente sonnolenza e dispnea si manifestano nei primi minuti dopo l'introduzione endovenosa, ma sono stati pubblicati ritardi di ore ed anche di qualche giorno. Le pupille sono miotiche e l'auscultazione polmonare mostra la presenza di rantoli. La radiografia del torace mostra segni di edema polmonare non cardiogeno. Il paziente ipoventila, al che consegue ipossiemia ed ipercapnia. L'acidosi può essere tanto metabolica quanto respiratoria. Quasi la metà di questi pazienti va incontro a vomito ed aspirazione, causando infezioni batteriche secondarie; questa evenienza andrebbe sospettata, qualora gli infiltrati, polmonari non regrediscono entro 24 o 48 ore dal trattamento. Altri danni polmonari comprendono gli emboli settici a partenza da tromboflebiti infette o endocarditi della tricuspide.Il trattamento consiste nella ventilazione assistita, utilizzando pressioni positive a fine inspirazione quando necessario, ossigeno e naloxone endovena per combattere la depressione respiratoria. Queste sono solitamente misure sufficienti per l'edema polmonare non cardiogeno, che regredisce col tempo. I corticosteroidi non sono necessari. Dato che almeno la metà di questi pazienti presenta infezioni batteriche ab ingestis, è indicata un'adeguata antibioticoterapia. Le caratteristiche istologiche dell'edema polmonare acuto non cardiogeno da eroina non sono specifiche. Oltre all'abbondante essudazione di liquidi, sono solitamente evidenziabili gradi variabili di atelettasia ed emorragia alveolare. Per consumatori cronici di eroina, vengono descritti casi di bronchiettasie e bronchiti necrotizzanti. Ciò potrebbe essere più una sequela dell'aspirazione cronica ricorrente di succhi gastrici che un effetto dell'eroina, con o senza edema polmonare. Nei pazienti con edema polmonare la funzionalità respiratoria è solitamente alterata, ma anche dopo la risoluzione radiologica dell'edema e il ritorno a valori normali, può persistere una riduzione della capacità di diffusione del monossido di carbonio. Nei consumatori cronici di eroina e di altre droghe illecite, le alterazioni della funzionalità respiratoria sono più verosimilmente in relazione alla granulomatosi da talco che alle sequele di un unico danno acuto.

Metadone e propossifene

Lesioni polmonari simili a quelle provocate dall'eroina sono state descritte per metadone e propossifene, con meccanismi di danno probabilmente simili a quelli da eroina. Tossicodipendenti inseriti nei programmi di riabilitazione fanno liberamente uso di metadone, il quale viene utilizzato per la dissuefazione dall'eroina. Essi accumulano le compresse o le acquistano illegalmente, le disciolgono e se le iniettano. Sono stati anche descritti casi di edema polmonare non cardiogeno da overdose sia di metadone che di propossifene. assunti per via orale. L'uso cronico di metadone in un programma di dissuefazione ha rivelato che in alcuni di questi soggetti la PaCO2 è elevata con un valore medio di 49 mmHg prima dell’inizio della terapia. Le curve di risposta della CO2 mostrano anche un sotto livellamento durante il trattamento con metadone assunto quotidianamente, queste alterazioni diminuiscono. Il propossifene è un farmaco prontamente assorbito ed anche dopo ingestione orale, la morte può sopragiungere entro 30 minuti per depressione ed arresto respiratorio ed edema polmonare non cardiogeno. Per questi motivi, propossifene è un farmaco di frequente utilizzo nei tentativi di suicidio.

Granulomatosi da talco

 Il talco (silicato di magnesio) è utilizzato come eccipiente in diversi medicinali destinati all'uso orale. Tossicodipendenti che ricorrono a medicinali quali meperidina, metadone, propossifene, metilfenidato, amfetamine, tripelennamina ed altri, frantumano queste compresse, le miscelano con varie soluzioni e se le iniettano. Questa abitudine da luogo all’insorgenza di una insidiosa fibrosi granulomatosa interstiziale e/o ad occlusione arteriosa polmonare granulomatosa.Ciò non avviene nei dipendenti da eroina, in quanto l'eroina è miscelata con eccipienti solubili quali chinino, lattosio o maltosio. Perciò in grosse casistiche di autopsie eseguite su tossicodipendenti, l'incidenza di granulomatosi da talco varia dal 15 all'80% a seconda del tipo di dipendenza. Si ritiene, dal punto di vista clinico, che la granulomatosi da talco rappresenti un problema in meno del 5% delle complicanze polmonari da abuso di droga. Tossicodipendenti che hanno assunto compresse disciolte per via endovenosa per poco tempo,tendono ad avere granulomi; prevalentemente nelle pareti; delle arterie ed arteriole polmonari, mentre quelli che assumono la droga per periodi più lunghi tendono ad avere granulomi localizzati nell’interstizio polmonare. La dispnea rappresenta il sintomo dominante, la tosse si manifesta solo in alcuni casi e negli stadi avanzati di ipertensione polmonare, possono manifestarsi sincope da sforzo, scompenso cardiaco destro da cuore polmonare cronico ed anche morte improvvisa. La radiografia del torace può essere normale nella metà dei casi di provata granulomatosi da talco, e quindi una radiografia del torace nella norma non escludere la possibilità di condizione come possibile causa di dispnea ad eziologia sconosciuta.Questa andrebbe sospettata in tutti tossicodipendenti con dispnea inspiegabile, particolarmente se esiste una storia di assunzione di sostanze orali per via endovenosa. Gli studi di funzionalità respiratoria solitamente mostrano una ridotta capacità di diffusione, dovuta all'occlusione dei vasi polmonari, prima che siano evidenti altre anomalie; questa può anche essere l'unica alterazione riscontrabile. Col tempo, si manifestano riduzione dei volumi polmonari, particolarmente se la malattia colpisce principalmente l'interstizio, ma in alcuni pazienti è stata riscontrata un'ostruzione delle vie aeree il meccanismo rimane comunque ignoto.Le radiografie del torace di questi pazienti mostrano densità micronodulari diffuse di dimensioni variabili tra 1 e 3 mm; queste simulano le tenui micronodularità alveolari. I dati in letteratura non chiariscono questi tipi di micronoduli si manifestano o meno nelle forme prevalentemente vascolari. Istologicamente il tessuto polmonare mostra modificazioni granulomatose, con cellule giganti multinucleate, cellule infiammatorie mononucleate, linfociti e fibrosi. Il talco si evidenzia per presenza di cristalli fortunatamente birifrangenti all’esame con luce polarizzata all’interno dei granulomi che sono abbastanza caratteristici. Questi sono localizzati nell’interstizio, nella parete vasale, e nelle regioni perivascolari. Nelle fasi più avanzate di occlusione vasale, si possono evidenziare lesioni plessiformi nelle pareti vasali indici di grave ipertensione polmonare. I valori sierici dell'enzima convertente l'angiotensina (S-ACE) risultano in alcuni casi elevati, come avviene in altre patologie polmonari granulomatose. La scintigrafìa con 67Gallio mostra in alcuni pazienti un’attiva captazione.Il lavaggio broncoalveolare mostra una linfocitosi, in conformità con reperti descritti, per altre malattie granulomatose.Tuttavia nel liquido del lavaggio bronco-alveolare è stato identificato talco intracellulare ed in forma libera, il che rende questa tecnica utile nella conferma diagnostica. Una retinopatia da talco andrebbe ricercata in tutti i tossicodipendenti, potendosi, manifestare in più di metà dei pazienti.Emboli di talco, evidenziabili come piccoli, lucenti foci biancastri in prossimità della macula all’interno di un piccolo vaso, sono abbastanza caratteristici. I risultati ottenibili con terapia corticosteroidea sono incostanti, potendo variare da una mancata risposta ad un miglioramento significativo. Ciò potrebbe dipendere dalla sede della granulomatosi da talco, in relazione o meno alla presenza di localizzazioni interstiziali o vascolari. Vale la pena di tentare un trattamento, con corticosteroidi almeno per un breve periodo di tempo, tenendo presente che questi soggetti sono comunque suscettibili alle infezioni, in quanto esposti a numerosi microrganismi per uso non sterile di medicinali per via endovenosa.

 

FARMACI CARDIOVASCOLARI

Amiodarone

L'amiodarone è un agente antiaritmico disponibile in Europa sin dal 1962, ma nessuna reazione polmonare indesiderata è stata descritta prima del 1980. Esso viene utilizzato per le aritmie ventricolari in pazienti refrattari alla maggior parte degli altri antiaritmici. Questo farmaco si associa ad un certo numero di effetti collaterali, tra i quali microdepositi corneali che si manifestano in quasi il 100% dei pazienti, neuropatia periferica, disfunzione epatica, disfunzione tiroidea (sia ipo che ipertiroidismo), ed una colorazione bluastra della cute. Tuttavia, il più importante effetto collaterale è una polmonite interstiziale, talora letale, rilevabile con frequenza variabile tra 0 e 18% dei pazienti. Il meccanismo di tossicità da amiodarone è sconosciuto, ma le particolarità istologiche potrebbero fornire una indicazione del meccanismo (vedi discussione alla voce Meccanismo del danno polmonare indotto da farmaci). L'istologia generalmente mostra macrofagi alveolari schiumosi e pneumociti di tipo II che contengono inclusioni lamellari. Sino ad oggi, questa sembra essere una caratteristica esclusiva della tossicità polmonare da amiodarone. In uno studio è riportato un aumento del contenuto in lipofucsine, che si pensa essere tipico del danno da radicale superossido. Tuttavia, macrofagi schiumosi e depositi intracellulari di fosfolipidi non sono reperti tipici di altre pneumopatie da farmaci per le quali si suppone un danno da radicali liberi. In circa la metà dei pazienti che assumono amiodarone e deceduti per cause non polmonari, i macrofagi ed i pneumociti di tipo II contengono una quota significativa di fosfolipidi. L'incidenza di tossicità polmonare da amiodarone varia, ma presumibilmente interessa in media dal 4 al 6% di pazienti. La maggior parte sono maschi, ma ciò potrebbe essere in relazione al maggior uso del farmaco nei maschi. I sintomi consistono in dispnea ad insorgenza insidiosa, tosse non produttiva, occasionalmente febbre modesta senza brividi. I reperti radiologici sono sfumati, inizialmente asimmetrici o anche limitati ai lobi superiori. Se la somministrazione del farmaco prosegue, il processo progredisce e può interessare diffusamente i polmoni con un quadro alveolare o interstiziale (Figura 74-2). Il versamento pleurico è poco comune. Dolore toracico di tipo pleuritico si manifesta nel 10% dei casi. Non è stata descritta l'insorgenza di dita a bacchetta di tamburo. All'esame fisico del torace, si possono auscultare dei rantoli, ma è difficile attribuirli con sicurezza all'edema polmonare, essendo comune in questi pazienti uno scompenso congestizio dovuto alla malattia cardiaca di base. Le indagini di laboratorio rivelano una conta leucocitaria normale o modicamente elevata, generalmente senza eosinofilia, ed un aumento della velocità di eritrosedimentazione con scarsa o nulla reattività degli anticorpi antinucleo. Le indagini di funzionalità respiratoria rivelano una riduzione della capacità polmonare totale è della capacità di diffusione del CO, oltre ad ipossiemia. Soggetti con funzionalità respiratoria alterata già prima dell’assunzione di amiodarone non sono predisposti alla polmonite da amiodarone. Tuttavia una riduzione dei volumi polmonari e della capacità di diffusione del CO possono manifestarsi in concomitanza con lo scompenso cardiaco congestizio e quindi una variazione di questi parametri non è di per sé spia di un'incombente polmonite da amiodarone. Vi sono, comunque, segnalazioni sull'uso della scintigrafia polmonare con 67Gallio che dimostrano la sua utilità nel differenziare la polmonite da amiodarone dallo scompenso cardiaco congestizio.Vi è un'aumentata predisposizione alla polmonite da amiodarone in presenza di alterazioni sia della funzionalità respiratoria, che dei reperti radiologici del torace che precedono l'assunzione del farmaco. La maggioranza dei pazienti che sviluppa polmonite da amiodarone ha assunto il farmaco per almeno un mese ed alcuni per qualche anno. Il dosaggio medio assunto è di almeno 400 mg/die e spesso anche superiore. Questa posologia è ben diversa dai dosaggi utilizzati in Europa a partire dal 1962 per molti anni (media di circa 200 mg/die); questa è una possibile spiegazione per la mancanza di segnalazioni e/o di riconoscimento della polmonite da amiodarone durante quegli anni. Tuttavia, esiste un certo numero di segnalazioni di polmoniti da amiodarone manifestatesi persino con 200 mg/die. Ci sono anche segnalazioni di pazienti che ricevono 200 mg/die per mesi ed anche anni senza che sviluppino polmoniti da amiodarone sino a quando il dosaggio non viene incrementato, con lo scopo di ottenere un miglior controllo dell'aritmia. Generalmente, gli effetti collaterali sistemici da amiodarone, quali la neuropatia periferica e la disfunzione epatica, sono in relazione ai livelli sierici (solitamente maggiori di 2,5 mg/L), ma questa soglia non è necessariamente applicabile alla tossicità polmonare. Si potrebbe ipotizzare, che il maggior turnover dei fosfolipidi polmonari spieghi la maggior facilità della tossicità polmonare da amiodarone.Una ridotta capacità, di diffusione del CO precedente alla terapia è un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di polmonite da amiodarone come lo sono anche le preesistenti alterazioni della radiografia del torace. Il trattamento, che consiste nel sospendere il farmaco, dà risultati variabili. Alcuni soggetti non trattati con cortiocosteroidi sono deceduti per fibrosi polmonare ed insufficieriza respiratoria, altri sono morti nonostante il trattamento con cortiocosteroidi. Comunque la maggioranza dei pazienti risponde significativamente alla sospensione del farmaco e all'aggiunta di corticosteroidi, che vanno somministrati per un periodo di almeno due-sei mesi o più, non essendo questa, con ogni probabilità, una patologia immunomediata. Non si conosce con certezza   il meccanismo d'azione dei corticosteroidi in questa malattia. Vi sono molti casi descritti di pazienti in cui   si è mantenuto l'amiodarone, essendo questo l'unico farmaco in grado di controllare l'aritmia ventricolare, e contemporaneamente sottoposti ad adeguati dosaggi di corticosteroidi, nei quali si è ottenuta una buona soppressione delle reazioni polmonari. Inizialmente si reputava necessaria una conferma istologica per stabilire la diagnosi, sebbene sospendendo il farmaco ed aggiungendo corticosteroidi si possa fornire una diagnosi presuntiva, qualora il processo si risolva. Attualmente, solo l'assenza di cellule schiumose esclude questa diagnosi. Il lavaggio broncoalveolare ha dato risultati contrastanti; alcuni autori riportano un'elevata percentuale di linfociti e neutrofili, altri segnalano, invece, valori normali.Come già accennato, una positività della scintigrafia con 67Gallio è altamente suggestiva per una polmonite infiammatoria, piuttosto che per uno scompenso cardiaco congestizio. Se non si giunge ad una diagnosi, il clinico deve decidere se procedere ad una biopsia polmonare a cielo aperto per escludere altre cause o considerare invece l'eventualità di una riduzione o sospensione del dosaggio e/o l'aggiunta di cortiocosteroidi. Correlare la risposta con le variazioni della velocità di eritrosedimentazione può essere di qualche aiuto. Valori normali della pressione da incuneamento escludono un'insufficienza ventricolare. Data l'occasionale associazione con dolori toracici di tipo pleurico e con modesti versamenti, possono talvolta insorgere confusioni con l'embolia polmonare acuta. Nella nostra esperienza due pazienti con questo quadro sono deceduti per leucostasi da liquido di contrasto a seguito di un'angiografia polmonare. Nessuno di questi pazienti presentava emboli polmonari e la relazione con l'amiodarone non è comunque chiara.

Protamina

Il solfato di protamina è utilizzato correntemente per antagonizzare gli effetti anticoagulanti dell'eparina in seguito a procedure chirurgiche cardiovascolari. L'ipotensione sistemica è una sequela non rara della sua somministrazione. Tuttavia, sono stati recentemente osservati casi di edema polmonare non cardiogeno insorti pochi minuti o una o due ore dopo la somministrazione del farmaco. L'edema si associa frequentemente ad una reazione anafilattica ed a broncospasmo, ad aumento di pressione nell'arteria polmonare con pressione da incuneamento nella norma ed ipotensione sistemica. In almeno metà dei pazienti, è riscontrabile un uso precedente di protamina, sia come antidoto all'eparina che come insulina zinco protamina. I test cutanei possono confermare lo stato di sensibilizzazione. In alcuni casi si è verificato il decesso per collasso cardiocircolatorio ed edema polmonare non cardiogeno. L'anestesista può incontrare notevoli difficoltà nel ventilare il paziente in considerazione della grave broncocostrizione, che si può manifestare in alcuni dei pazienti.La terapia consiste in misure di supporto, comprese la reintubazione qualora il paziente sia già stato estubato, la ventilazione assistita con elevate concentrazioni di ossigeno, un tentativo di somministrazione di corticosteroidi ad alto dosaggio ed il trattamento dell'ipotensione con un alfa bloccante. La diagnosi differenziale va posta con reazioni anafilattiche verso altri farmaci, shock da endotossine, edema polmonare cardiogeno (che può essere escluso in presenza di una pressione da incuneamento nella norma), polmoniti da aspirazione ed edema da leuco-agglutinazione, sebbene quest'ultimo non si associ solitamente a broncospasmo. Per i trattamenti futuri, per i soggetti che risultano positivi ai test cutanei con protamina o che hanno una anamnesi di reazioni alla protamina stessa, un metodo alternativo per antagonizzare gli effetti dell'eparina è la somministrazione endovenosa di esadimetrina.

Beta-bloccanti

II primo beta-bloccante fu sintetizzato alla fine degli anni 50. Da allora sono stati sintetizzati numerosi agenti simili, attualmente disponibili per uso clinico. Essi sono tra i farmaci più comunemente prescritti in assoluto.Oltre alla loro indicazione per il blocco dell’attività beta-bloccanti sono utilizzati in affezioni non cardiache quali il feocromocitoma. L'ipertiroidismo, l'emicrania, il glaucoma, l’ipertensione portale. I recettori beta-adrenergici possono essere divisi in recettori beta-eccitatori, localizzati al cuore e recettori beta2-inibitori localizzati nei bronchi. I bloccanti beta-adrenergici, o betabloccanti, sono antagonisti competitivi. Per una discussione sui farmaci adrenergici vedi il Capitolo 11. Il propanololo è stato il primo antagonista beta-adrenergico introdotto nell'uso clinico. Si è presto riscontrato che esso possedeva un effetto nocivo in soggetti con broncopneumopatia cronica ostruttiva. Di tutti gli antagonisti beta-adrenergici disponibili per uso clinico negli Stati Uniti, con potenziale di broncoprovocazione sono, in ordine decrescente, il propanololo, il timololo, il nadololo, il metoprololo, l'atenololo, il pindololo, ed il labetalolo.Due sono le caratteristiche dei beta-bloccanti che indirizzano circa la loro potenziale broncoprovocazione. La prima è la loro cardioselettività, e la seconda è la loro attività simpaticomimetica intrinseca. Generalmente la cardioselettività è la più importante tra le due. Se il farmaco è cardioselettivo ha scarso effetto sui recettori inibitori beta localizzati nelle pareti bronchiali. Propanololo, timololo e nadololo non sono dotati di cardioselettività. Il metoprololo ha una modesta cardioselettività e l'atenololo ha invece notevole cardioselettività, il che rende l'atenololo il farmaco di scelta negli individui con broncopneumopatia cronica ostruttiva che necessitano di antagonisti beta-adrenergici. L'altro meccanismo importante è l'attività simpaticomimetica intrinseca, che il pindololo possiede in notevole grado.Il labetalolo è unico in quanto ha un effetto combinato alfa e beta antagonista. Non è cardioselettivo e nemmeno possiede attività simpaticomimetica intrinseca, quindi si ipotizza che l'effetto broncoprotettivo sia legato alla sua potenzialità di antagonista alfa-adrenergico. Perciò, dei sette farmaci citati, l'atenololo, seguito dal metaprololo e forse il labetalolo sono i tre che possono essere utilizzati con relativa sicurezza in individui con broncopneumopatia cronica ostruttiva, qualora siano necessari. Tuttavia, andrebbero sempre somministrati in associazione ad un agente, B2- adrenergico per via orale o per aerosol. I calcioantagonisti potrebbero essere una valida alternativa, se indicati, in quanto hanno anch’essi una certa attività broncodilatante. Ci sono diversi studi che utilizzano la pletismografia corporea dimostrano un aumento specifico delle resistenze lungo le vie aeree negli individui normali ed asmatici asintomatici che fanno uso di propanololo. Perciò questo agente andrebbe evitato in tutti i pazienti con documentata malattia polmonare ostruttiva, anche se asintomatici. Gli stessi risultati sono stati evidenziati in pazienti asmatici che ricevevano colliri con timololo. Vi sono ormai molte segnalazioni di casi di reazioni avverse al timololo topico oftalmico e tra questi un discreto numero di casi letali di stato di male asmatico.Il timololo per uso topico viene assorbito attraverso la congiuntiva senza passare per il filtro epatico portando ad una concentrazione più elevata rispetto a quella che sarebbe ottenibile per via orale. Per un beta-bloccante di più recente introduzione, il betaxololo, è stata dimostrata la mancanza di effetti indesiderati sulle vie aeree in pazienti con malattia ostruttiva delle vie aeree.Il propafenone è un nuovo agente antiaritmico stabilizzatore di membrana, strutturalmente simile al propanololo e potenzialmente in grado di aggravare un broncospasmo.

Tocainide

È un nuovo farmaco utilizzato nel trattamento di aritmie ventricolari refrattarie.Ci sono almeno tre segnalazioni di polmonite acuta interstiziale esordite a distanza di qualche mese dall’inizio della terapia.

ANTIINFIAMMATORI

Aspirina

L'aspirina è il farmaco più comunemente utilizzato nel mondo. Negli Stati Uniti, ci sono oltre 200 medicinali registrati che contengono aspirina. Si è calcolato che fino al 5% degli asmatici è sensibile all'aspirina, la cui ingestione può causare un aggravamento fatale del broncospasmo. La causa esatta dell'asma da aspirina è sconosciuta. Poiché non si ritiene che essa sia dovuta ad un meccanismo immunomediata, la teoria più accreditata prevede che l'acido acetilsalicilico ed altri composti simili inibiscano cicloossigenasi e quindi, impediscano la produzione dei suoi prodotti. Se le prostaglandine broncodilatatrici (quali PGE2) vengono normalmente rilasciate in questi soggetti, la loro inibizione potrebbe causare broncospasmo.La triade dell'asma da aspirina consiste in asma, rinite e poliposi nasale. Quasi sempre vi sono associati altri effetti collaterali, quali rash cutanei e sintomi gastrointestinali. Queste reazioni indesiderate non sono dose-dipendenti, potendosi manifestare anche con dosaggi molto bassi. Molti agenti   antiinfiammatori non. steroidei producono gli stessi effetti collaterali dell'aspirina. L'edema polmonare non cardiogeno indotto da salicilati può manifestarsi con livelli ematici di salicilati superiori a 40 mg/dl (Figura 74-3). Ciò può accadere senza sovradosaggio intenzionale in pazienti che assumono cronicamente salicilati, in genere per malattie reumatiche.Esso si manifesta più facilmente in individui anziani fumatori. Il meccanismo è sconosciuto, sebbene possa consistere in un effetto diretto sulla parete dei capillari alveolari con aumento della permeabilità. Alternativamente potrebbe trattarsi dell'effetto dei salicilati sulle piastrine o sulle prostaglandine o sul sistema nervoso centrale. Comunque, l'edema polmonare non si manifesta in tutti gli individui con livelli plasmatici molto elevati di salicilati. In considerazione della stimolazione dei centri respiratori provocata dai salicilati, si manifesta iperventilazione, che porta ad   una PaCO2 bassissima, frequentemente sotto i 20 mmHg e talvolta sotto i 10. Nonostante l'iperventilazione, la PaO2 può essere paradossalmente bassa, data la presenza di edema polmonare. Il trattamento dell'edema polmonare non cardiogeno dipende dalla gravita; in alcuni casi è   necessario arrivare all'intubazione e all'emodialisi. La maggior parte dei casi andrebbe trattata con diuresi forzata alcalina. Per una discussione sul trattamento dell'edema polmonare vedi il Capitolo 57.

Sali d'oro

L'oro testato utilizzato sin dai tempi antichi nel trattamento di svariati disordini è, per un certo numero di anni, nel trattamento dell’artrite reumatoide. Dopo un periodo di impopolarità, esso ha goduto di una nuova diffusione nell'ultimo decennio, data la sua provata efficacia. Esiste ormai un certo numero di segnalazioni di polmonite/fibrosi interstiziale diffusa associata all'uso di sali d'oro; si presume che queste situazioni siano distinte dalle localizzazioni reumatoidi polmonari. Queste reazioni vengono segnalate più comunemente per l’aurotiomalato di sodio che per l'aurotioglucosio, ma ciò potrebbe riflettere il più largo utilizzo del primo farmaco. Dispnea, con o senza febbre, inizia insidiosamente da alcune settimane a mesi dopo l'inizio delle iniezioni settimanali intramuscolari dell'oro. Alcune segnalazioni hanno dimostrato un'eosinofilia nel sangue periferico, ma ciò è poco comune. In genere si associa versamento pleurico. La radiografia del torace mostra un processo prevalentemente interstiziale. Il lavaggio broncoa-alveolare solitamente evidenzia un'elevata percentuale di linfociti, che si presume indicativa di una reazione immunologica. L'istologia polmonare mostra fibrosi con infiltrati interstiziali di linfociti e plasmacellule e con iperplasia focale dei pneumoniti di tipo II. L'esame al microscopio elettronico evidenzia strutture elettrondense all'interno dei lisosomi delle cellule endoteliali dei capillari alveolari e dei macrofagi interstiziali. La microanalisi con sonde elettroniche mostra che queste strutture elettrondense contengono oro, suggerendo che l'effetto tossico diretto potrebbe essere un meccanismo importante nella patogenesi di queste reazioni polmonari.Tuttavia mancano dati su gruppi di controllo consistenti in pazienti che ricevono l'oro senza segni manifesti di polmonite da oro. Altre complicanze associate ai sali d'oro sono presenti, come dermatite, neuropatia periferica e proteinuria. Non sono state segnalate infezioni secondarie come complicazioni delle polmoniti da oro, né sono segnalati decessi per fibrosi polmonare irreversibile. Il trattamento può consistere semplicemente nella sospensione del farmaco, con risoluzione spontanea del processo. Tuttavia, per alcuni pazienti è stato necessario ricorrere ai corticosteroidi per ottenere una regressione, particolarmente in coloro con segni di distress respiratorio, passibile di peggioramento acuto. La polmonite da sali d'oro non è presumibilmente in relazione alla fibrosi reumatoide, in quanto la malattia parenchimale migliora spontaneamente con sospensione dell'oro o comunque regredisce quasi sempre con l'uso di corticosteroidi.

Penicillamina

Tre sono le possibili complicanze polmonari dall'uso di penicillamina, apparentemente non sovrapponibili: esse sono il lupus eritematoso sistemico (LES) indotto, la bronchiolite obliterante e la sindrome di Goodpasture. Una quarta entità viene descritta in letteratura, vale a dire la polmonite, o alveolite, ma è probabile che essa rappresenti una forma di LES indotto dal farmaco. Alcuni soggetti presentano elevati titoli di anticorpi antinucleo (ANA), eppure non si tiene in considerazione il fatto che potrebbe essere una manifestazione tipo LES. Patologie penicillamino-indotte sembrano essere tra le più comuni cause di LES da farmaci. Questa condizione andrebbe sempre sospettata in pazienti che ricevono penicillamina, particolarmente in presenza di versamento pleurico. Una concentrazione nella norma di glucosio nel liquido del versamento esclude la possibilità di una natura reumatoide. La bronchiolite obliterante è sottostimata per incidenza e gravita. Non esistono segnalazioni sulla funzione respiratoria antecedente all'assunzione di penicillamina in pazienti con artrite reumatoide per confrontarli a quei pazienti che successivamente sviluppano una bronchiolite. Potrebbe infatti esserci una broncopneumopatia cronica ostruttiva che agisce come fattore predisponente per quei pazienti con artrite reumatoide nei quali la penicillamina induce una bronchiolite obliterante. I corticosteroidi portano scarsi benefici nel trattamento di questa condizione, che si presenta solitamente in uno stadio avanzato al momento della diagnosi. La bronchiolite è discussa nel Capitolo 48. Sono stati segnalati più di sei casi di sindrome di Goodpasture da penicillamina. Se questa condizione viene riconosciuta tempestivamente, una terapia appropriata con emodialisi, plasmaferesi ed immunosoppressione può prevenire un esito infausto. È stato postulato che la reazione da penicillamina sia più intensa se il paziente in precedenza ha sofferto di una reazione avversa verso sali d'oro.

Altri farmaci antiinfiammatori non steroidei

Come già accennato nella discussione sui salicilati, la maggior parte degli antiinfiammatori non steroidei può produrre gli stessi effetti collaterali dell'aspirina, compresi il peggioramento di un'asma, l'edema polmonare non cardiogeno, il LES da farmaci ed infiltrati polmonari con eosinofilia. Il naprossene si associa più frequentemente di altri agenti ad infiltrati con eosinofilia. Per alcuni è stata riconosciuta la capacità di indurre ipervolemia e, successivamente edema polmonare con meccanismo di aumentata ritenzione sodica (vedi Capitolo 6)

Corticosteroidi

I corticosteroidi a dosaggi immunosoppressivi sono ben noti per predisporre allo sviluppo di infezioni opportunistiche. Una reazione avversa particolarmente singolare dei corticosteroidi è la produzione di lipomatosi mediastinica, cioè a dire un deposito di grasso mediastinico che porta ad un suo allargamento, simulando una linfoadenopatia o una neoplasia di altro tipo. Clinicamente questi pazienti hanno un aspetto Cushingoide, con facies arrotondata ed una gobba di bufalo. In quasi tutti i casi pubblicati originariamente si confermano il deposito di grasso nel mediastino mediante mediastinoscopia o biopsia a torace aperto.La radiografia del torace non evidenzia l'atteggiamento a masse irregolari che ci si aspetta solitamente nelle adenopatie e ciò dovrebbe già rappresentare una indicazione. Tuttavia, questa diagnosi può venire posta mediante tomografia computerizzata (TC), che mostra una consistenza adiposa della massa mediastinica ed esclude altri processi che potrebbero essere implicati (Figura 74-4). La presenza e la conferma di lipomatosi mediastinica con TC non richiede la riduzione o la sospensione dei corticosteroidi. Questo grasso infatti non compromette nessuna struttura vitale.

 

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES) INDOTTO DA FARMACI

Sono stati segnalati più di 40 farmaci in grado di indurre un lupus eritematoso sistemico, ma di questi solo 5 inducono regolarmente anticorpi antinucleo in pazienti che li assumono (idralazina, procainamide, isoniazide, idantoina e penicillamina). Solo una piccola percentuale dei pazienti che assume, questi farmaci sviluppa la sindrome clinica, che interessa il sistema pleuropolmonare in più della metà dei casi (vedi discussione alla voce Meccanismi). Si ritiene che i pazienti che sviluppano anticorpi antinucleo in risposta a questi farmaci siano degli acetilatori lenti. I sintomi iniziano quasi sempre insidiosamente dopo che il paziente ha assunto il farmaco per svariati mesi o anni. Segni o sintomi sistemici come poliartralgia, mialgia, febbre, versamento pleurico, e lesioni cutanee, sono frequenti. Tuttavia, l'interessamento renale è molto raro, probabilmente per il meno frequente coinvolgimento del complemento nelle forme di LES da farmaci rispetto al LES a comparsa spontanea. La ricerca di anticorpi antinucleo è positiva in tutti i pazienti con LES indotto da farmaci. Tuttavia, la ricerca per antiDNA nativo (a doppia elica) è negativa. I valori del complemento possono o meno essere alterati, mentre il test di Coombs è positivo in circa un. terzo dei casi. Velocità di eritrosedimentazione elevata ed ipergammaglobulinemia sono reperti comuni non specifici. L'aspetto della radiografia toracica non è differenziabile da quello che si riscontra in caso di LES ad esordio spontaneo e comprende versamento pleurico in un terzo dei casi, infiltrati alle basi, polmonite con atelettasie ed apparente cardiomegalia per versamento pericardio. Il glucosio nel versamento è normale o perlomeno correlabile ai suoi livelli ematici. La risposta alla sospensione del farmaco è generalmente abbastanza buona, con risoluzione dei sintomi. Tuttavia occasionalmente occorre la somministrazione di corticosteroidi. Se il farmaco responsabile non può essere sospeso per ragioni cliniche, questo andrebbe utilizzato al dosaggio minimo in associazione a corticosteroidi.

 

AGENTI INALATI

 Olio

L'aspirazione di olio può produrre numerose patologie polmonari che variano dal nodulo solitario asintomatico ad una malattia diffusa con insufficienza respiratoria grave. Il quadro più comune,   tuttavia, è rappresentato da soggetti asintomatici con reperto casuale di una anomalia nella radiografia del torace, che non di rado simula un processo più grave, quale un carcinoma broncogeno. I pazienti raramente reputano medicinali le gocce oleose per il naso o olii vari, quindi in genere non ne danno notizia spontaneamente. Esistono tre tipi di olii: olii minerali, olii neutri, e grassi animali. Gli olii minerali sono quelli più comunemente aspirati. Essi vengono raccolti dai macrofagi, che successivamente si disintegrano, rilasciando l'olio, che a sua volta inibisce ulteriormente l'attività ciliare. Perciò l'olio non viene espettorato ed il ciclo si ripete. A lungo andare   si produce una reazione granulomatosa o fibrotica. Gli olii neutri o vegetali (per es. l'olio di oliva o l’olio   di ricino) non stimolano una reazione locale e vengono rimossi con l'espettorazione. I grassi animali (per es. latte e burro) sono rapidamente idrolizzati, con liberazione di acidi grassi che portano a necrosi tissutale seguita da fibrosi. Queste sostanze non vengono frequentemente aspirate, probabilmente perché non sopprimono il riflesso della tosse come invece fanno gli olii minerali. La diagnosi può essere stabilita con la dimostrazione di olio nel tessuto polmonare, ma occorre chiedere al patologo, colorazioni speciali che non sono eseguite di routine. Per la diagnosi, un utile ausilio e rappresentato dalla tomografia computerizzata. Il trattamento consiste nel sospendere il farmaco, dopo esclusione di altre cause di infiltrato polmonare. In genere la malattia non tende a progredire.

Ossigeno

Alte concentrazioni di ossigeno sono i responsabili della cosiddetta tossicità da ossigeno, una delle maggiori cause aggravanti della sindrome di distress respiratorio dell'adulto. Esistono due teorie sui meccanismi delle malattia polmonare indotta da ossigeno. La prima è che un'elevata Fio2 induce la formazione ed il rilascio di radicali liberi ossidanti quali OH, 1O2 O2 e H2O2. Queste molecole a vita breve danneggiano il DNA, distruggono membrane lipidiche, ed inattivano enzimi intracellulari. L'altra teoria è che l'iperossia produca un danno diretto delle cellule endoteliali e delle cellule epiteliali di tipo I, portando ad uno stravaso alveolo-capillare. È probabile che entrambi i meccanismi siano in gioco. Questo aspetto è approfondito nel Capitolo 14. Il fluido di lavaggio broncoalveolare mostra un aumento di albumina e di transferrina, oltre al rilascio di fibronectina da parte di macrofagi alveolari e del fattore di crescita derivante da macrofagi alveolari (AMDGF). Il lavaggio broncoalveolare non mostra alterazioni per ciò che concerne tipo e numero di cellule infiammatorie nelle prime 24 o 48 ore, ma successivamente vi è un afflusso di leucociti polimorfonucleati. A lungo andare, l'iperossia aumenta il numero di fibroblasti nelle pareti alveolari, con il loro principale prodotto, cioè il collagene, che conduce ad una fibrosi. I risultati di studi su volontari che respiravano ossigeno al 100% da 6 a 48 ore sono variabili, ma in   alcuni si manifesta una tracheobronchite con bruciore retrosternale, senso di oppressione toracica e tosse non produttiva. È presente anche una riduzione della capacità vitale e della capacità di diffusione del CO. La variabilità di questi risultati, come pure la natura poco prevedibile del quadro istologico da esposizione ad ossigeno, potrebbero essere in relazione alla disponibilità naturale di enzimi antiossidanti di difesa e di sostanze quali la superossido dismutasi (SOD) (che elimina il radicale superossido) (02), catalasi e per ossidasi (che eliminano il perossido di   idrogeno e la pero ossidazione lipidica) ed i riduttori aspecifici dei radicali di ossigeno quali il glutatione, la vitamina E, e l'ascorbato. Lo sviluppo di una tolleranza all’iperossia sembra essere in relazione alla capacità dell’individuo di aumentare la produzione di antiossidanti, un meccanismo che potrebbe essere determinato geneticamente. Le sequele della tossicità da ossigeno sono distinguibili in due fasi: la fase acuta (o essudativa) e la fase subacuta (proliferativa). Tuttavia, vi è una naturale sovrapposizione tra le due fasi, con la comparsa della fase proliferativa dal quarto al settimo giorno. La fase essudativa compare entro 48 o 72 ore, a seconda della FIO2, e si associa ad edema perivascolare, interstiziale ed alveolare con atelettasia, oltre che ad emorragia alveolare.Questa fase sembrerebbe essere reversibile.La fase proliferativa si caratterizza per un progressivo riassorbimento degli essudati ed iperplasia dei pneumociti di tipo II. A ciò segue il deposito di collagene ed elastina nell' interstizio, con deposito di membrane ialine. Questa fase è solitamente irreversibile. Clinicamente, l'ipossiemia e la ridotta compliance tendono a progredire e necessitano di maggiori FIO2, e ventilazione assistita, che peggiorano ulteriormente il problema. La radiografia del torace mostra un quadro alveolo-interstiziale a distribuzione irregolare, con segni di modeste perdite di volume testimoniate da atelettasie a chiazze. Non vi è nessun mezzo clinico per diagnosticare una tossicità da ossigeno. La biopsia polmonare mostra alterazioni compatibili con una tossicità da ossigeno, ma è di fondamentale importanza nell’escludere altre possibili cause. Mantenendo la PaO2, sotto i 120 mmHg o la FIO, sotto i 0.40-0.50, si riducono le possibilità di sviluppare una tossicità da ossigeno.

 

Altri agenti

Potenzialmente, quasi tutte le sostanze inalate possono aggravare un broncoospasmo in pazienti asmatici. Questo fatto andrebbe preso in considerazione in tutti quegli individui la cui malattia polmonare ostruttiva viene peggiorata con medicazioni somministrate per nebulizzazione. In una piccola percentuale di questi individui, l'isoproterenolo è stato segnalato in grado di dare broncocostrizione. La polimixina nebulizzata è stata anch’essa associata ad un aggravamento di patologie polmonari struttivi. Tuttavia, per un antibiotico di comune utilizzo per nebulizzazione la gentamicina, non sono state riportate simili reazioni.

 

DANNO ALVEOLARE ACUTO ASSOCIATO A TRASFUSIONI

Il danno alveolare acuto come risultato di una reazione trasfusionale è probabilmente una delle reazioni indesiderate da farmaci (se tali possono essere considerati il sangue ed i suoi derivati) meno frequentemente riconosciute. Esso è il risultato della reazione di anticorpi verso antigeni leucocitari umani (HLA) o verso antigeni specifici dei leucociti che reagiscono contro i globuli bianchi del ricevente.In circa il 5% dei casi, gli antigeni antileucocitari del ricevente reagiscono contro i globuli bianchi del donatore. Tale lesione alveolare acuta non consiste in una reazione emolitica trasfusionale ne in una reazione anafilattica. Il quadro clinico è rappresentato dalla comparsa di dispnea, tosse, febbre ed ipotensione entro poche ore dal momento della trasfusione. Rash orticariforme si presenta in circa la metà dei casi. Lo sviluppo dei sintomi può comparire dopo la trasfusione di soli 50 ml di sangue o di suoi derivati. La pressione polmonare arteriosa da incuneamento è sempre normale. Qualsiasi prodotto del sangue contenente plasma o proteine plasmatiche può produrre questa forma di reazione. Le fonti di anticorpi sono quasi sempre femmine pluripare con tre o più gravidanze. Circa il 7% delle donne pluripare possiede anticorpi HLA. Si raccomanda che tutto il sangue di donne pluripare donatrici venga sottoposto a screening per queste immunoglobuline e che, qualora esse siano presenti, venga utilizzato solo sotto forma di cellule rosse congelate o lavate. La terapia dell'edema polmonare non cardiogeno mediato da leuco-agglutinine è quella di supporto, comprendendo ventilazione assistita, se necessaria e supplemento di ossigeno. Non è accertato il possibile beneficio di una breve somministrazione di cortisonici ad alto dosaggio, ma questa vale la pena che venga presa in considerazione. La durata dell'edema polmonare non cardiogeno e solitamente limitata a 72 ore o meno, sebbene occasionalmente possa essere   più prolungata.

           

LEUCOSTASI INDOTTA DA MENZI DI CONTRASTO RADIOGRAFICI

I sintomi ed i segni prodotti dall’aggregazione granulocitica indotta da complemento a seguito della somministrazione di mezzi di contrasto radiografici sono frequentemente attribuiti ad una reazione di tipo allergico.Quando questi si associano ad iniezione di sostanze iodate, si può sviluppare una forma di edema polmonare. L'anafilassi può essere esclusa data l'assenza di orticaria o altri rash e dall'assenza di broncospasmo o di edema laringeo significativo. L'esame istologico polmonare mostra aggregati di granulociti che ostruiscono le arteriole ed i capillari polmonari. Questi aggregati possono sfuggire se non ricercati con attenzione, o se l'esame autoptico del tessuto polmonare non viene eseguito entro poche ore dall'evento, dato che i leucoaggregati possono iniziare a dissociarsi e non essere cosi manifesti come al momento dell'evento. Clinicamente la comparsa di dispnea ed ipossiemia inizia da alcuni minuti ad 1 ora dall'iniezione del mezzo di contrasto. Non vi è necessariamente una storia di reazione allergica allo iodio e la terapia è quella di supporto e comprende una prova con corticosteroidi ad alti dosaggi, sebbene questi possano essere inefficaci. L'attivazione del complemento e la successiva generazione di C5a stimola i granulociti ad aggregarsi e ad aderire all'endotelio, con rilascio di proteasi e radicali tossici dell'ossigeno. Questi a loro volta, producono un danno endoteliale e stravaso capillare. Uno studio ha evidenziato elevati livelli plasmatici   post-mortem di istamina, da possibile attivazione   mastocitaria.

 

MISCELLANEA

Edema polmonare indotto da tocolitici I tocolitici sono agenti usati sempre più frequentemente nel trattamento del travaglio prematuro al fine di inibire le concentrazioni uterine. I farmaci più utilizzati sono terbutalina, albuterolo, ritodrina ed alti beta-mimetici. Esistono numerose segnalazioni di edema polmonare indotto da questi farmaci in donne precedentemente sane. L’incidenza varia dallo 0.5 al 5% dei soggetti trattati. I fattori predisponesti sono l’uso di corticosteroidi, la gravidanza gemellare, il sovraccarico di liquidi e Sali e l’anemia. I farmaci tipicamente stimolano i recettori beta2 adrenargici aumentando la frequenza del polso materno e la portata cardiaca e producano una vasodilatazione, periferica. Una tipica situazione è che, nonostante l'uso di un agente tocolitico, il travaglio procede; l'agente tocolitico viene allora sospeso e si aggiungono corticosteroidi per indurre la maturazione polmonare fetale. Sospeso il tocolitico, i vasi dilatati ritornano ad un tono normale con riduzione del volume intravascolare. Si manifesta una emodiluizione rivelabile dal calo dei valori di emoglobina dell'ematocrito e dell'albumina. Durante il parto avviene una ulteriore autotrasfusione dovuta alle contrazioni uterine, che porta all'insorgenza di un edema polmonare, solitamente nel periodo del post-partum. La pressione arteriosa può calare come conseguenza della vasodilatazione periferica e può essere segno di eccessiva somministrazione del tocolitico. Vi sono dati contrastanti (valori normali o elevati) sulla pressione da incuneamento. In uno studio, le pazienti con una pressione da incuneamento aumentata avevano una funzionalità ventricolare sinistra, valutata ecocardiograficamente, nella norma. A questo punto, è dubbio se l'edema polmonare sia veramente di natura cardiaca o meno. Un'analisi delle proteine dell'edema potrebbe essere utile per sciogliere questo quesito. La cura si basa su ossigeno e diuresi forzata, ma si può considerare anche la risomministrazione dell'agente tocolitico, unicamente per ripristinare la vasodilatazione periferica e permettere un aumento del ritorno al volume intravascolare presente prima della sospensione dell'agente tocolitico. I corticosteroidi aggravano la situazione, per il loro effetto mineralcorticoide. La diagnosi differenziale va posta con l'aspirazione di contenuto gastrico, lo scompenso cardiaco sinistro, l'embolia di materiale amniotico e un eccesso di trasfusione.                   

Idroclorotiazide

Esistono altre15 segnalazioni di casi isolati di comparsa acuta, di infiltrati polmonari associati all’assunzione di idroclorotiazide. Queste sono state segnalati, in associazione con altre varietà di clorotiazite. La reazione può presentarsi alla prima somministrazione, o a distanza di giorni. I sintomi comprendono dispnea a sviluppo abbastanza rapido che regredisce entro 48-72 ore dalla sospensione del farmaco. Può essere presente una lieve febbricola. Non vi è eosinofilia o positività per anticorpi antinucleo. In alcuni dei casi è stata valutata la pressione capillare polmonare da incuneamento che è risultata normale. La radiografia del torace mostra un infiltrato alveolo-interstiziale diffuso e bilaterale. Ciò potrebbe rappresentare un edema polmonare non cardiogeno, ma non vi sono segnalazioni di studi sul liquido edematoso.

Metisergide

Questo farmaco è stato riconosciuto capace di produrre una reazione pleuropolmonare in modo estremamente insidioso. Tuttavia, il farmaco è al giorno d'oggi raramente usato, data l'esistenza di preparati più efficaci nel trattamento delle cefalee vascolari. Le descrizioni iniziali indicavano una fibrosi polmonare come caratteristica significativa, ma è poco probabile che questa sia la reazione principale. Pare piuttosto che un ispessimento pleurico possa simulare una fibrosi polmonare all'esame radiografico toracico convenzionale, in quanto la reazione ricorderebbe piuttosto la fibrosi retroperitoneale associata a metisergide. È stato anche sostenuto che può essere presente versamento pleurico. Tuttavia, nella maggior parte di questi casi solo scarse quantità di liquido pleurico venivano recuperate per toracentesi. La prognosi è buona se si sospende il farmaco, anche se occasionalmente sono necessari corticosteroidi per facilitare la risoluzione.

Contraccettivi orali

Questi farmaci producono un aumentato rischio di trombosi-venosa profonda e di conseguenza di embolia polmonare. Questa ritenzione è stata dimostrata durante i trials clinici con urochinasi e streptochinasi nel trattamento dell’embolia polmonare; in questa casistica il 75% delle donne sotto i 45 anni di età con embolia polmonare assumeva tali medicinali. I recenti tentativi di ridurre il contenuto di estrogeni nella pillola potrebbe ridurre l'incidenza di trombosi venosa profonda, ma ciò resta ancora da provare.

Idantoina

C'è stata molta confusione in letteratura circa la capacità o meno di questo farmaco di produrre patologie polmonari parenchimali ed adenopatie mediastiniche. Segnalazioni che confermavano tali evenienze sono state seguite da studi più dettagliati che confutavano la possibilità di una malattia parenchimale polmonare. Il fatto che questo farmaco sia uno dei più comunemente utilizzati per periodi di tempo estremamente lunghi, senza che sia stata dimostrata chiara relazione con l'induzione di patologie polmonari, rende poco probabile l'esistenza di una vera correlazione.

Dantrolene

È un miorilassante scheletrico a lunga durata utilizzato nella cura dei pazienti con disordini neurologici di tipo spastico. È strutturalmente simile alla nitrofurantoina. Ci sono state diverse segnalazioni di versamento pleurico cronico e/o di pericardite associati all'uso di questo farmaco. Si tratta di manifestazioni distinte dalle reazioni pleuropolmonari, acute o croniche, legate all'uso di nitrofurantoina. In alcuni casi insorti con dantrolene, è stata evidenziata un'eosinofilia periferica.

 

INFILTRATI POLMONARI/EOSINOFILIA (IPE)

Vi sono più di 30 farmaci per i quali si riconosce un' associazione con IPE. Tra i più comuni, vi sono la nitrofurantoina, il metotrexate, i salicilati, le solfonamidi, le penicilline ed il naprossene, insieme a molti altri. In un paziente affetto da un processo polmonare non meglio identificabile, andrebbe sempre eseguita una conta ematica differenziale.

 

RIASSUNTO

Il clinico deve sempre considerare in prima istanza che qualsiasi malattia polmonare inspiegabile possa essere causata da uno o più farmaci assunti dal paziente. La maggior parte delle reazioni polmonari è reversibile se il farmaco viene sospeso in tempo e se, all'occorrenza, si instaurano ulteriori misure appropriate. Con rare eccezioni, non sono a disposizione metodiche appropriate che permettano di confermare la diagnosi di malattia polmonare da farmaci. La risomministrazione non è quasi mai necessaria. Nei casi di incertezza può essere utile prendere contatto con la Direzione Medica della ditta produttrice del farmaco in questione.