Il medico non deve consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti farmacologici o di altra natura diretti ad alterare le prestazioni di un atleta, in particolare qualora tali interventi agiscano direttamente o indirettamente modificando il naturale equilibrio psico-fisico del soggetto.
Commento:
Per quanto riguarda il
problema, particolarmente discusso, del rapporto tra medico e trattamento doping
l’articolo in commento ha, in modo innovativo, chiarito il divieto per il medico
di consigliare, prescrivere e somministrare trattamenti farmacologici o di altra
natura diretti ad alterare la prestazione dell’atleta.
E’ necessario porre
l’accento sull’innovativo divieto di somministrare, considerando che alcune
pratiche prevedono la necessità dell’intervento medico. Si pensi ad esempio alla
pratica dell’autoemotrasfusione, in un primo tempo tollerata e successivamente
proibita dalla legislazione sportiva.
L’articolo vieta al medico di agire
direttamente e indirettamente in questo settore, considerando il ricorso alle
pratiche di doping sempre pericoloso per la salute e causa di sensibili e a
volte irreversibili modificazioni dell’equilibrio psico-fisico.
Il problema
dell'utilizzo delle sostanze "doping" nello sport è, come noto, al centro di un
dibattito particolarmente approfondito che interessa e preoccupa l'intera
opinione pubblica. Tale questione, anche se concerne principalmente l'attività
sportiva professionistica o comunque svolta ad alto livello, riguarda anche il
mondo dello sport "dilettantistico" ed ha risvolti anche di carattere sociale.
Si pensi a questo riguardo alla diffusione di farmaci e prodotti
"anabolizzanti", fra i frequentatori di palestre o istituti in cui si pratica il
c.d. "culturismo". Siamo di fronte, quindi, anche a soggetti che non ricavano
alcun utile economico dalla propria pratica sportiva e che comunque sono inclini
a utilizzare trattamenti farmacologici gravemente dannosi.
Al di là delle
definizioni e degli elenchi che difficilmente possono risultare esaustivi,
considerando il rapido progredire delle conoscenze scientifiche, il codice
deontologico obbliga il medico ad astenersi dall'utilizzare trattamenti
farmacologici o di altra natura che, per influenzare artificialmente le
prestazioni di un atleta, agiscono modificando il naturale equilibrio
psicofisico del soggetto.
Il medico deve sì mirare ad assicurare il miglior
livello possibile di cure per la salute dell'atleta considerando gli sforzi che
richiede la sua attività, ma deve opporsi all'uso di metodi di cura volti
unicamente al superamento del limite della prestazione disponibile nell'atleta
per la complessione psico-fisica in quel tempo.
Occorre sempre considerare
che anche i rischi cui l'individuo si espone non sono mai proporzionali agli
obiettivi da raggiungere. Qualsiasi consenso fornito dall'interessato non può
mai esimere il medico dalle sue responsabilità, considerando che è in
discussione la salute dell'individuo che, come è noto, non è un "bene
disponibile". Anche in questo settore trova applicazione il principio
dell'informativa tra colleghi per cui il terzo comma dell'articolo in commento
prevede l'obbligo del medico sportivo di comunicare al medico curante le terapie
(anche quando ovviamente non costituiscono doping) cui si sta sottoponendo
l'atleta. E' opportuno evidenziare che la comunicazione deve sussistere anche
all'inverso, cioè tra medico curante e medico dello sport. Si pensi infatti al
caso frequente di atleti che assumono farmaci "proibiti" per gli sportivi ma
assolutamente leciti per i "normali cittadini". La mancata comunicazione al
medico sportivo può far incorrere l'atleta in provvedimenti punitivi non
meritati.
Per questo il ruolo dell'Ordine, attraverso il suo potere
disciplinare, in sintonia con il Coni e le varie Federazioni sportive può
risultare decisivo per interventi non solo repressivi, atti a combattere il
doping. Da qui discende la necessità della collaborazione di medici che devono
preoccuparsi di segnalare al proprio Ordine qualsiasi comportamento scorretto
(prescrizione o suggerimento di assunzione di farmaci, integratori alimentari o
sostanze da considerarsi dopanti) posto in essere da medici o da non medici. E'
chiaro che il potere disciplinare dell'Ordine potrà applicarsi solo ai primi ma
nulla vieta all'Ordine di chiedere l'intervento giudiziario sui secondi,
specialmente quando sia configuarabile il reato di esercizio abusivo della
professione.