GENOVA Ci sono voluti due anni,
una battaglia condotta pressochè da solo, uno studio
approfondito di testi di medicina e farmacologia, infine
anche l’apertura di un sito, ma ora Giuseppe Ricciardo,
43 anni, vedovo dal 29 novembre del 1999, ha ottenuto
una prima vittoria: è riuscito ad arrivare in tv per
raccontare la sua tragedia, ieri mattina nel corso de «I
fatti vostri», sensibilizzando immediatamente il
ministero della Sanità, e in sede legale sono stati
iscritti nel registro degli indagati cinque medici.
Assistito dall’avvocato Andrea Sandra, Ricciardo
sostiene che la giovane moglie, morta a 33 anni, è stata
di fatto uccisa prima da una diagnosi sbagliata, che non
è stata sufficientemente verificata attraverso ulteriori
esami e analisi, poi dall’accanimento terapeutico, per
la stessa diagnosi, con un farmaco sperimentale
somministrato senza chiedere l’autorizzazione nè della
giovane donna, nè dei suoi familiari. «L’hanno usata
come cavia», è la sua accusa. www.vitarubata.com è
l’indirizzo del sito in cui l’uomo con una foga
appassionata chiede informazioni sul farmaco utilizzato
e dichiara la sua difficoltà a trovare a Genova medici
legali disposti ad aiutarlo e l’impossibilità per lui,
semplice operaio, di pagare le parcelle di specialisti
contattati a Firenze e Milano. «A mia moglie era stata
diagnosticata una fibrosi polmonare ed è stata curata
con farmaci che possono provocare la fibrosi polmonare
interstiziale. Farmaci devastanti, che distruggono tutte
le difese immunitarie». «E’ morta in due mesi,
cominciando a stare male davvero dopo l’inizio della
cura. I medici mi hanno detto che mia moglie era
refrattaria alla terapia, ma allora a che scopo
continuare?» Ricoverata in un primo tempo all’ospedale
di Bobbio per quella che sembrava una insistente
bronchite («ringrazio tutto il personale sanitario per
la professionalità, serietà e umanità»), scomparsa la
febbre dopo le cure, la giovane donna era stata dimessa
con il consiglio di affrontare velocemente un
approfondimento diagnostico. «Così è cominciato il
calvario a San Martino e infine a Pavia, dov’era stata
alla fine trasferita in attesa di trapianto
polmonare».[a. p.]
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