TRATTATO
DI MEDICINA RESPIRATORIA
VOLUME II (Editore Piccin
Padova)
A cura di Leonardo
M. Fabbri Professore associato istituto di malattie dell’apparato respiratorio
Università di Ferrara:
Presentazione dell’edizione
Italiana prof. Luigi Allegra Professore Ordinario Istituto di Tisiologia e
malattie dell’apparato respiratorio Università di Milano: prof. Alberto Ciaccia
Professore Ordinario Istituto di malattie infettive e malattie dell’apparato
respiratorio università di Ferrara
Capitolo 59: MALATTIE
INTERSTIZIALI ED INFILTRATIVE DEL POLMONE
Principi generali ed approccio diagnostico (sezione L)
Margaret Turner-Warwick, D.M., Ph.D.
DIAGNOSTICHE
Segni obiettivi Radiografia del torace Prove
di funzionalità respiratoria Test immunologici
Lavaggio
broncoalveolare (BAL) Scintigrafia con gallio |
INTERSTIZIOPATIE
ACUTE DA CAUSA INTERSTIZIOPATIE
ACUTE DA CAUSA SCONOSCIUTA
POLMONITE INTERSTIZIALE
CRONICA Storia
clinica Farmaci
Sostanze inalate Displasie
cellulari ed accumulo cellulare Granulomi
Polmoniti interstiziali croniche RIASSUNTO
|
Nella
definizione di malattie interstiziali ed infiltrative del polmone, sono
comprese, da un lato, una serie di patologie caratterizzate da vari tipi di infiltrati
cellulari o extracellulari che causano un danno di lieve entità alla struttura
anatomica del polmone, dall’altro patologie caratterizzate da infiammazione e
distruzione del parenchima polmonare. Sono state pubblicate recentemente ottime
rassegne sull’argomento. Esiste un alto numero di cause di pneumopatie
interstiziali ed infiltrative, e molte di
queste sono rarissime. Ciò rende impossibile una classificazione nosologica completa e
schematica. In pratica, la diagnosi è spesso resa possibile solo dall’esame
istologico del materiale bioptico. Di conseguenza una accurata descrizione
delle caratteristiche cliniche di tali patologie diviene un esercizio puramente
accademico. Uno schema di qualche aiuto è comunque dato con la Tabella 59-1.
È molto discussa
la corretta definizione di interstizio del polmone. In senso stretto esso
comprende quelle parti situate tra i più specifici elementi strutturali del
polmone. Nella periferia de polmone esso include gli spazi tra le cellule
endoteliali dei capillari polmonari e l’epitelio alveolare. L’interstizio
include anche quei tessuti all’interno dei setti, compresi i tessuti
perivascolari e peribronchiale. In pratica, c’è una stretta interrelazione tra
essudati infiammatori o di altra natura che si sviluppano a livello delle
pareti alveolari e dell’interstizio settale, ed essudati che si sviluppano
all’interno degli spazi alveolari. Ciò avviene a causa dello stretto
allineamento dei capillari contro l’epitelio alveolare. In verità, nella parete
sottile della parete alveolare, l’epitelio e l'endotelio mostrano una singola,
apparentemente fusa, membrana basale.
Tabella
59-1. Esempi di cause di
malattie polmonari interstiziali ed infiltrative
I. Infezioni A. virus B. batteri C. Funghi II. Cause occupazionali A. Polveri inorganiche B. Polveri organiche C. Fumi di origine chimica III. Cause neoplastiche A. Carcinoma broncogeno B. Carcinoma metastatico C. Linfoma/leucemia |
IV. Cause congenite o familiari A. Lipoidosi B. Amartosi C.AItre V. Cause metaboliche VI. Agenti fisici A. Radiazioni B. Tossicità da ossigeno VII. Cause circolatorie A. Emodinamiche B. Emboli VIII. Reazioni da farmaci |
IX. Cause sconosciute A. Sarcodosi B. Emosiderosi idiopatica C. Proteinosi alveolare D. Fibrosi polmonare idiopatica 1. Isolata 2. Con associate malattie del tessuto connettivo E. Amiloidosi F. Sindrome di Goodpasture G. Microlitiasi |
Perciò, in realtà,
una malattia limitata all’interstizio è raramente osservabile, eccetto che in
alcune specifiche displasie cellulari.Ulteriori problemi sorgono quando si
prende in considerazione la diffusione della malattia interstiziale polmonare.
In senso stretto, le polmoniti batteriche o virali hanno una maggiore
componente di infiammazione interstiziale, ed i tumori ancora circoscritti
spesso hanno una zona circostante di cellule infiammatorie che rappresentano la
risposta dell’ospite estendentesi all'interstizio polmonare limitrofo. In
questo capitolo sono prese in considerazione quelle condizioni morbose estese
ad entrambi i polmoni, sebbene non colpiscano necessariamente tutto il
parenchima polmonare o uniformemente tutto il parenchima stesso. Poiché le cosiddette
interstiziopatie polmonari interessano specialmente le regioni parenchimali dei
polmoni, la radiografia del torace di solito mostra opacità periferiche diffuse
di vario tipo. Nella pratica clinica, questo è il punto di partenza usuale per
la valutazione diagnostica.Una definizione pratica di un infiltrato include
vari tipi di cellule, così come depositi extracellulari che causano una
risposta infiammatoria di lieve entità o nessuna flogosi, e che comunque non
alterano la normale architettura del polmone. Tali infiltrati sono spesso
confinati prevalentemente negli spazi alveolari, come nella proteinosi
alveolare e nella polmonite lipidica (dovuta
ad inalazione di olii minerali medicinali),
oppure possono essere localizzati soprattutto negli spazi interstiziali, come
nella amiloidosi. A volte entrambe le strutture sono coinvolte, come nella
sierosi o nella standosi. Chiaramente queste definizioni sono in qualche modo
arbitrarie, ed un tentativo di dividere gli infiltrati in quelli con o senza infiammazione, non
può essere applicato troppo rigidamente. Queste definizioni, comunque, mettono
in evidenza il fatto che alcuni infiltrati causano una distruzione parenchimale
molto maggiore di altri.
L'argomento
rappresenta una sfida, non solo sul piano del suo inquadramento sistemico, ma
in particolare per ciò che riguarda il problema della diagnosi e del
trattamento del singolo paziente nella pratica clinica. Ci sono 3 principali
ragioni alla base di queste difficoltà: 1) esiste
una vasta gamma di patologie da considerare; 2)
c’è un gran numero di cause; 3) alcune
sindromi sono molto comuni, mentre altre sono estremamente rare. Molte delle
condizioni morbose descritte in questo capitolo sono ben riconosciute come
sindromi, ma le cause sono completamente sconosciute. Un approccio pratico per
il clinico è quello di accertare in primo luogo se la malattia sembra essersi
sviluppata rapidamente o insidiosamente, e quindi passare in rassegna un elenco
di cause conosciute e di sindromi definite da causa non conosciuta (Tabella 59-1). L’arte della diagnosi nelle
interstiziopatie polmonari consiste nell’integrare la semplice informazione
ottenuta da una meticolosa anamnesi, arricchita da una valutazione attenta dei
particolari aspetti radiologici, con le osservazioni derivate dall’esame
obiettivo generale del torace e degli altri sistemi. I test standard di
funzionalità respiratoria ed altre indagini specifiche di laboratorio possono
essere usati selettivamente.Una valutazione clinica generale e semplice spesso
prende in considerazione una gamma di ipotesi diagnostiche eccezionalmente
ampie (tali ipotesi saranno discusse ed elencate nelle tabelle successive), che
deve essere ridotta ad una lista ragionevolmente limitata di possibilità
diagnostiche per ogni singolo paziente. Una volta stabilita una certa lista di
ipotesi più probabili ed avendo deciso che le caratteristiche cliniche del
singolo paziente sono tali per cui è opportuno procedere ad una diagnosi definita,
il passaggio successivo è quello di selezionare, nell’ordine migliore, le
procedure più utili per ottenere informazioni diagnostiche importanti nella
maniera meno traumatica per il paziente.
VALUTAZIONE DELLA DURATA DELLA MALATTIA
Il più comune sintomo
d’esordio in pazienti con malattia interstiziale è la dispnea, dovuta, o alla
aumentata rigidità polmonare o ad alterazione degli scambi gassosi. Il primo e
più importante fatto da accertare attraverso l’anamnesi è la durata dei sintomi
e la loro rapidità di sviluppo. Una rassegna degli esami radiologici del torace
precedentemente eseguiti, spesso rivela una malattia insidiosa presente molto
prima che insorgesse la dispnea. Ciò è dovuto al fatto che, in una malattia a
lenta progressione, molta parte della riserva polmonare può essere compromessa
prima che il paziente accusi sintomi importanti e fastidiosi. Ciò si verifica
soprattutto negli anziani, nei quali la malattia interstiziale può evolvere
molto lentamente e la dispnea può non essere presente per la mancanza di
esercizio. In alcuni centri viene usato un nuovo sistema di punteggio per lo
studio longitudinale di pazienti con fibrosi interstiziale.
USO INTEGRATO DELLE INDAGINI DIAGNOSTICHE
Segni
obiettivi
L’uso dell’obiettività
nella diagnosi delle patologie polmonari, è stato discusso precedentemente (Capitolo 25) e sarà menzionato opportunamente
nei capitoli successivi di questa sezione. In generale, la presenza di
ippocratismo digitale è fortemente suggestiva per alcune patologie (fibrosi polmonare idiopatica, asbestosi),
ma naturalmente può manifestarsi anche in altre condizioni. La presenza di
crepitii diffusi è più comune nelle patologie fìbrosanti ed a carattere
essudativo, che in quelle granulomatose o in alcuni tipi di infiltrato.
Una corretta interpretazione della radiografia del torace è di grande aiuto nell’indirizzare verso, la diagnosi più verosimile all’interno del contesto clinico. Quindi, la radiografia del torace deve essere immediatamente a disposizione del clinico nel momento in cui egli raccoglie l’anamnesi ed esamina il suo paziente. Viceversa, i dati clinici dovrebbero essere sempre messi a disposizione del radiologo al momento della refertazione. Le basi dell’informazione integrata clinica e radiologa per ogni singolo caso saranno discusse più avanti in questo capitolo.
Prove di funzionalità respiratoria
In generale (ed in modo
discutibile), le prove di funzionalità respiratoria offrono in molti casi meno
informazioni per la diagnosi di quanto" non ne forniscano nel follow-up;
dei pazienti durante il trattamento; infatti, quando si trova un difetto
restrittivo, vi sono troppe eccezioni (spesso con ovvie spiegazioni) di tipo
individuale perché questo tipo di reperto possa contribuire in misura maggiore
alla diagnosi.
Test immunologici
All’occasione
possono essere utilizzate anche varie altre indagini. Queste sono raramente
diagnostiche di per sé, e comunque non possono essere utilizzate per stabilire
una diagnosi definitiva. Comunque, se i test sono semplici e relativamente non
invasivi, possono comunque contribuire a fare diagnosi. Queste informazioni
aggiuntive possono aiutare il medico a decidere quanto sia necessaria la
conferma istologica oppure quale procedura bioptica consigliare. Queste
indagini saranno discusse più dettagliatamente nei singoli capitoli sulle
specifiche malattie, ma un profilo del loro valore ai fini della diagnosi è
incluso in questo paragrafo. La positività di alcuni test immunologici,
specialmente l’identificazione di anticorpi circolanti contro varie polveri
organiche e proteine, aumenteranno la probabilità di essere di fronte ad una
polmonite da ipersensibilità. L’identificazione di un alto titolo di
autoanticorpi non specifici specialmente anticorpi, antinucleo e fattori
reumatoidi, possono suggerire una fibrosi polmonare idiopatica con o senza una
collagenopatia associata. Raramente, anticorpi antimembrana basale possono
supportare fortemente la diagnosi di sindrome Goodpasture.
Lavaggio broncoalveolare (BAL)
Il BAL può
essere di particolare aiuto. Occasionalmente può fornire dati patognomonici.
Per esempio può rivelare materiale lipoproteinaceo (specialmente se esaminato
con il microscopio elettronico), nella proteinosi alveolare; numerosi macrofagi
carichi di ferro nella monosiderosi polmonare idiopatica; corpi intracellulari
visti al microscopio elettronico o tramite immunofluorescenza nel granuloma
eosinofìlo; specifici microrganismi in varie infezioni, soprattutto
Pneumocystis carinii. Materiale inorganico di varia natura può confermare
l’esposizione a polveri particolari. Può essere utile il conteggio
differenziale delle cellule infiammatorie. Un
alto numero di linfociti nel liquido di lavaggio depone per polmonite da
ipersensibilità, sarcoidosi, o infezioni croniche (per es. tubercolosi). Un
aumento dei neutrofìli con o senza eosinofìli si trova più comunemente nelle
fibrosi polmonari idiopatiche o associate ad una esposizione a polveri
industriali. Comunque, bisogna ricordare che, sebbene
le differenze tra i profili delle cellule infiammatorie siano abbastanza
distinte, ci sono molte eccezioni all’esame dei singoli pazienti. In
particolare, più la fibrosi è ad uno stadio avanzato, più il conteggio dei neutrofìli tende ad aumentare,
indipendentemente dal tipo di danno polmonare iniziale. La presenza di elevati
livelli sierici di enzima che converte l’angiotensina (ACE), per quanto dato
non patognomonico, può essere specificatamente usata per diagnosticare con
maggiore probabilità una sarcoidosi.
Scintigrafìa con gallio
La
scintigrafìa dei polmoni con 67gallio, può essere positiva. In
molti tipi di infiammazioni polmonari; diffuse, ma nella mostra esperienza, è di
valore diagnostico abbastanza limitato. In circostanze cliniche appropriate,
una aumentata captazione del radionuclide nel polmone e nei linfonodi
mediastinici dovrebbe rafforzare la probabilità di diagnosi di sarcoidosi
polmonare. Questa osservazione non evita la necessità di una conferma
istologica ed è perciò improbabile che essa sia di valore diagnostico nella
maggioranza dei casi, anche a causa del costo addizionale e della dose radiante
non irrilevante che l’esame comporta. Comunque, in quei casi eccezionali nei
quali la diagnosi è particolarmente difficile da formulare, una scintigrafìa
con gallio fortemente positiva, potrebbe essere a favore di una diagnosi di
sarcoidosi ed offrire nuove utili informazioni. Il suo uso ai fini del
monitoraggio dell’attività della malattia, prima o durante il trattamento, è
naturalmente un problema separato che sarà discusso più avanti nel Capi-tolo
62.
La TC spesso dimostra la
distribuzione della malattia che può essere visualizzata molto più chiaramente
che nei radiogrammi postero-anteriori o laterali. Essa inoltre consente di
rivelare linfonodi mediastinici e spesso dimostra bolle disseminate con
infiltrati o infiammazione interstiziale che non possono essere visti sulle
lastre radiografiche. Essa è particolarmente di aiuto nel definire la
diffusione ed il tipo di malattia polmonare sottostante quando vi sono anche
opacità pleuriche.
L’esame
istologico del materiale bioptico è di gran lunga lo strumento diagnostico più
valido nelle malattie interstiziali ed infiltrative del polmone. La scelta del
tipo di biopsia rimane un problema controverso. Essa dipende anche dal quesito
a cui si deve rispondere. Occasionalmente è richiestala sola diagnosi. Molto
più frequentemente, comunque, è necessario ottenere informazioni sullo stadio
della malattia in termini di relativa entità del processo infiammatorio e di
fibrosi per poter valutare la probabilità di risposta alla terapia. In
generale, una biopsia transbronchiale è spesso il solo esame richiesto quando
si sospetta una diagnosi con specifiche caratteristiche istologiche. Così,
l’emosiderosi polmonare, i granulomi della sarcoidosi, gli infiltrati neoplastici
delle carcinomatosi, gli accumuli endoalveolari di materiale lipoproteinaceo
della proteinosi alveolare e certe infezioni, possono essere spesso
diagnosticati tramite biopsia transbronchiale. D’altro canto, in quelle
condizioni in cui i quadri istologici sono meno specifici, è spesso necessario
più materiale bioptico per una diagnosi a cielo aperto. La fibrosi interstiziale
polmonare, la leiomiomatosi ed il granuloma eosinofìlo (così come molte altre),
rientrano in questa seconda categoria. Qualsiasi tipo di biopsia si scelga, è
importante ricordare che le colorazioni speciali comprendenti
l’immunofluorescenza, la microscopia elettronica e le colture sono spesso
necessario in aggiunta ai preparati istologici convenzionali. Il materiale bioptico
ottenuto dalle malattie interstiziali ed infiltrative offre molte sorprese. Per
queste ragioni è nella nostra pratica di routine richiedere materiale bioptico
preparato in 3
modi: (1) trattato con fissativi
standard; (2) congelato come materiale
fresco per procedure successive; (3) opportunamente fissato per
microscopia elettronica.
INTERSTIZIOPATIE ACUTE DA CAUSA CONOSCIUTA
Le più probabili
cause di malattia interstiziale acuta sono ovvie (vedi Tabella 59-2). Chiaramente la
diagnosi differenziale è di vitale importanza perché molte di queste forme sono
reversibili e la terapia è diversa. Per esempio, un paziente che ha riportato
traumi multipli può sviluppare un quadro radiologico del torace con opacamento
pressoché completo per ragioni molto diverse. Gli aspetti radiologici possono
indirizzare verso una diagnosi piuttosto che verso un’altra: lesioni più
localizzate e confluenti suggeriscono emorragia e contusioni (specialmente se
associate ad emottisi); emboli di grasso possono presentarsi con sintomi
sproporzionati rispetto alle anormalità radiologiche. La sindrome di difficoltà
respiratoria dell’adulto (ARDS; vedi Capitolo 57) spesso progredisce nel
giro di ore o di giorni con opacità a chiazze diffuse con o senza evidenza di
infezione o di altre cause in pazienti fortemente traumatizzati o in stato
settico, oppure nel periodo postoperatorio. Le infezioni acute, soprattutto
quelle virali, sono particolarmente difficili da diagnosticare perché i valori
ematologici possono essere virtualmente normali. Una storia familiare di
malattia respiratoria simile può essere di aiuto; la diagnosi è ovviamente più
probabile durante una epidemia virale specifica (per es. influenza A2). I soggetti immunodepressi, sia a causa della loro malattia primaria
(per es. linfoma, sindrome da immunodeficienza acquisita) sia a causa di
farmaci (per es. farmaci antineoplastici, immunosoppressori), sono
particolarmente predisposti allo sviluppo di infezioni respiratorie acute. In
questi pazienti una malattia interstiziale polmonare ad insorgenza improvvisa,
è più probabile che sia causata da una infezione batterica, o soprattutto
virale (per es. herpes simplex, virus del morbillo, citomegalovirus, virus
influenzali o adenovirus) piuttosto che da una esacerbazione della loro
malattia sottostante. La diagnosi di polmonite da
Pneumocystis è particolarmente importante perché risponde bene alla terapia. La
successiva discussione delle manifestazioni respiratorie delle malattie
immunosoppressive è esposta nel Capitolo 92. Una causa infettiva di interstiziopatia
polmonare acuta è suggerita dalla presenza di febbre. La tecnica migliore di identificazione è la fibrobroncoscopia con
biopsie transbronchiali per prendere materiale contenente Pneumocystis carinii
ed un piccolo lavaggio bronchiale (80-100 ml) per ottenere campioni di essudato
dalla periferia del polmone.
Tabella 59-2. Cause conosciute di interstiziopatie polmonari acute
Cause
|
Patologie
|
Esempi
|
Traumi Infezioni Manifestazioni
allergiche Danni tossici
Cause
emodinamiche |
Essudati Emboli Emorragie Essudati
infiammatori Setticemia Polmonite
eosinofila Edema polmonare Essudati
infiammatori Trasudati |
ARDS polmonare
Embolia
adiposa Batteriche:
es; TBC miliare Virali: es: morbillo; Herpes, RSV; adenovirus Fungine: es. Aspergillosi invasiva, istoplasmosi, ecc. ARDS Ascessi
multipli: es. assunzione di stupefacenti
Farmaci: es. penicillina, sali d’oro, nitrofurantoina Funghi: es. Aspergillosi Elminti:
es. anchilostomiasi Farmaci citotossici: es.
bleomicina, ciclofosfamide Gas e
fumi, tossici: es. doro, NO2, ecc. Insufficienza
ventricolare sinistra Rapida espansione di un polmone collassato, es. Drenaggio di liquido pleurico Sovraccarico
di liquidi: es. malattia renale o iatrogena |
La
colorazione con argento metterà in evidenza funghi cisti di Pneumocystis; le colorazioni
standard May-Grùnwald-Giemsa possono mostrare inclusioni intracellulari da
citomegalovirus o sia trofozoiti che cisti di Pneumocystis.
È anche fondamentale prelevare una completa gamma di campioni per la coltura.
In tali casi è essenziale avere una intesa operativa congiunta con il
microbiologo prima di eseguire la broncoscopia. Chiaramente, nei pazienti con
febbre, le emocolture sono importanti quanto i campioni broncoscopici, poiché
l’ARDS è frequente in pazienti con setticemia secondaria. La formula
leucocitaria può dimostrare una mancata eosinofilia e l’escreato o il lavaggio
bronchiale rispecchiano l’eosinofilia polmonare. L’eosinofilia polmonare acuta
è a volte dovuta ad elminti ed è inoltre suggerita da un elevato titolo sierico
di IgE; i test sierologici specifici potrebbero confermare la diagnosi. Una minuziosa anamnesi riguardante l’uso di farmaci è importante. Un
grande numero di farmaci completamente diversi tra loro può causare una
polmonite eosinofila acuta. Fra essi sono inclusi i sali
d’oro, l’arsenico, i sulfamidici la penicillamina, i farmaci antitubercolari,
la nitrofurantoina e forse il cromoglicato (vedi anche il Capitolo
74) È facile supporre che la malattia
polmonare è causata dalla malattia per la quale il farmaco è stato
somministrato (per es. artrite reumatoide), piuttosto che dal farmaco in sé. Se la malattia
polmonare è diagnosticata precocemente un miglioramento dopo la sospensione del
farmaco, per circa una settimana, conferma la causa. Se possibile questo è
l’approccio migliore piuttosto che una terapia corticosteroidea iniziata, alla
cieca. Una interstiziopatia acuta può anche essere dovuta ad un’ampia gamma di
farmaci citotossici, e l’anamnesi è spesso indicativa.
Comunque, il danno tossico da farmaci (dovuto a volte ad apparente sinergismo
con una terapia radiante concomitante) deve sempre essere distinto dalle
infezioni opportunistiche, e pertanto è di solito essenziale ottenere adeguati
campioni clinici tramite una broncoscopia eseguita nella fase iniziale della
malattia. Troppo spesso vi è un ritardo
nella diagnosi perché sono somministrati antibiotici in maniera empirica, ed i
pazienti raggiungono uno stadio critico della malattia nel quale la terapia
antiinfettiva adeguata contro l’infezione opportunistica o corticosteroidea
contro il danno da farmaci citotossici fallisce, non essendo in grado di
arrestare il progredire della malattia. Il danno tossico
da fumi (per es. cloro o N02) è di solito dedotto
immediatamente dall’anamnesi. Comunque, è importante riconoscere l’insorgenza
tardiva di essudati polmonari che possono riformarsi parecchi giorni dopo
l’apparente miglioramento della sintomatologia dopo l’esposizione. Molte delle
condizioni precedentemente discusse si manifestano in pazienti già affetti da
altre patologie. Forse la causa più comune di opacità interstiziali sono i
trasudati conseguenti a trasfusione soprattutto in presenza di insufficienza
renale. In altri pazienti possono essere dovute ad insufficienza ventricolare
sinistra. Nel dubbio, la misurazione della pressione polmonare può confermare
lo stato emodinamico. Una situazione simile
(sebbene in un solo polmone) si può realizzare in seguito alla aspirazione di
una quantità eccessiva di liquido pleurico, oppure in seguito all’inserimento
di un tubo di drenaggio per trattare un pneumotorace con la rapida riespansione
di un polmone pesantemente collassato. In tali casi la causa è ovvia.
Avendo già
escluso le cause note di interstiziopatie acute diffuse, bisogna passare in
rassegna quelle interstiziopatie senza una causa conosciuta (Tabella 59-3). Un conteggio delle cellule ematiche, un esame dell’espettorato o di
un campione di lavaggio broncoalveolare, possono dimostrare o una marcata
eosinofilia. Alcuni casi di eosinofilia criptogenica (vedi
Capitolo 64), si possono sviluppare con grande rapidità, ma altri si
sviluppano nel giro di parecchi giorni o settimane. La biopsia bronchiale
potrebbe rivelare una polmonite eosinofìla. La condizione patologica di solito
va incontro a drammatica remissione con una moderata dose di corticosteroidi.
Se il dosaggio di questi ultimi viene ridotto troppo rapidamente, il paziente
va frequentemente incontro ad una ricaduta. In alcuni pazienti altre
manifestazioni come l’asma e le sierositi possono suggerire una sindrome di
Churg-Strauss e una biopsia pleurica o pericardica confermerà la diagnosi. Gli
infiltrati acuti non eosinofìli possono presentare grandi problemi diagnostici.
Alcune manifestazioni sistemiche possono suggerire altre sindromi (per es. lupus eritematoso sistemico) o, molto
raramente, febbre reumatica. L’istologia polmonare spesso non è abbastanza
specifica per porre una diagnosi definita, ma è utile al fine di eliminare
altre cause (per es. infezioni). Gli infiltrati acuti non eosinofìli di solito
si risolvono rapidamente con i corticosteroidi. L’improvvisa comparsa di
opacità diffuse confluenti accompagnate dal rapido sviluppo di anemia (solo
raramente accompagnata da emottisi), può essere causata da emorragia polmonare.
Questo può succedere nel lupus eritematoso sistemico ed in vasculiti polmonari
di vario tipo. Ad esempio, pazienti con le caratteristiche della sindrome di
Behcet possono avere emorragie polmonari gravissime e a volte; la causa è stata
dimostrata essere correlata alla vasculiti polmonare. Un’emorragia polmonare
può essere la caratteristica d’esordio dell’emottisi polmonare idiopatica,
specialmente nei bambini o nei giovani adulti, ed è spesso la caratteristica
iniziale della sindrome Goodpasture. Si può sospettare un’emorragia polmonare
anche in assenza di emottisi, identificando i macrofagi carichi di ferro
nell'escreato o in campioni di lavaggio
broncoalveolare (confermato per mezzo della colorazione di Peri). Se le
condizioni del paziente sono buone, la misura della capacità di diffusione del CO può mostrare un aumentato valore a causa
dell'assorbimento del monossido di carbonio da
parte dell’emoglobina stravasata.
Tabella
59-3. Interstiziopatie polmonari acute da cause sconosciute
Patologia |
Esempi |
Infiltrati eosinofili Infiltrati non eosinofìli Emorragia polmonare |
Eosinofilia polmonare criptogenica Sindrome di Churg-Strauès Lupus eritematoso sistemico acuto Polmonite reumatoide Lupus eritematoso sistemico acuto Sindrome di Behcet Sindrome di Goodpasture Emosiderosi idiopatica |
Questo gruppo
comprende molte differenti entità nosologiche specifiche (Tabella 59-4) un’anamnesi meticolosa spesso
suggerisce una diagnosi corretta. In particolare, una valutazione della
cronicità e della velocità di progressione della malattia può essere fatta
sulla base dell’andamento della dispnea ed esaminando le radiografie del torace
precedenti. È essenziale esaminare personalmente le radiografie e non fare
affidamento sui referti, perché le lesioni di minima entità possono essere
facilmente sottovalutate, e sembrano più banali con il difanoscopio. Una storia
di polmonite virale grave o di altre polmoniti, soprattutto in un bambino o in
un giovane, può essere importante. Una insufficienza cardiaca cronica
conseguente ad ischemia o a cardiopatia valvolare o talora a insufficienza
renale, può causare una malattia interstiziale cronica. Una storia specifica
riguardante l’inalazione di gocce in sospensione oleosa per rinite o assunzione
di paraffina per stipsi, richiede la necessità di un esame citologico
dell’escreato o di un lavaggio
broncoalveolare per ricercare macrofagi carichi di lipidi. L’anamnesi può facilmente sfuggire a
meno che questo tipo di indagini vengano richieste routinariamente.
Tabella
59-4. Cause conosciute di interstiziopatia polmonare cronica
Patologia |
Esempi |
|
Iniezioni Essudati emodinamici cronici Inalazione cronica Essudati cronici
Inalazione di polveri inorganiche Polveri organiche Tumori Radiazioni |
Alveolile fibrosante ed in fase
organizzativa Alveolite fibrosante Polmonite lipidica Polmonite da aspirazione Alveolite fibrosante Danno tossico Fibrosi Granuloma Granuloma/fibrosi Linfangite carcinomatosa Diffusione ematogea di un tumore Alveolite fibrosante |
Polmonite virale
Insufficienza ventricolare
sinistra di lunga durata Uremia Stenosi mitralica Polmonite lipidica Polmonite da aspirazione Farmaci: nitrofurantoina,
bleomicina, amiodarone, metotrexate, practolo ciclofosfamide, Polveri inorganiche: silicio,
talco, asbesto, carbone, berillio, etc. Funghi/proteine esogene: polmone del contadino,
polmone dell’allevatore di uccelli. Etc. Carcinomatosi metastatizante Carcinoma bronchiolo-alveolare Infiltrati linfomatosi X-irradiazioni |
Molte malattie
interstiziali croniche sono spesso dovute ad inalazione di polveri inorganiche.
Questo problema sarà discusso nel Capitolo 67. Anche se non è raro poter
ottenere dal paziente un'anamnesi lavorativa dettagliata di solito di elevata intensità
e di lunga durata, è importante ricordarsi che le mansioni svolte da un operaio
possono non essere indicative dei livelli di esposizione. Per esempio, nei
cantieri navali durante la seconda guerra mondiale, gli addetti alla
ribattitura ebbero spesso un’esposizione all’asbesto uguale a quella degli
stessi coibentatori. Una radiografia del torace spesso è indicativa di una
malattia causata da polveri inorganiche. Ad esempio, lesioni nodulari
predominanti ai campi superiori ed intermedi potrebbero denotare un’esposizione
alla silice. Opacità reticolari della zona inferiore, con ispessimento della
pleura, specie quando accompagnate da placche calcificate o non, sono talmente
indicative di asbestosi da essere quasi patognomoniche. L’esame dell’espettorato o del liquido di lavaggio spesso rivela
particelle di polveri inorganiche; se fosse necessario, un sofisticato esame al
microscopio elettronico preciserebbe ulteriormente la sua natura.
L’identificazione di particelle di polvere inorganica è una conferma
all’esposizione, ma non è una prova di malattia; solo quando vengono
identificate numerose particelle in aggiunta a sintomi clinici tipici, il
legame fra causa ed effetto diventa probabile. Altri elementi del liquido di
broncolavaggio possono essere di aiuto nella diagnosi di malattie
occupazionali, come per esempio l’identificazione di cellule giganti (relative
ad una polmonite a cellule giganti da cobalto) in lavoratori dell’industria dei
metalli duri. Si arriva all’identificazione di berilliosi con l’anamnesi in
presenza di fenomeni clinici, radiologici ed istologici simili a quelli
riscontrati nella sarcoidosi. Una positività del test della trasformazione dei
linfociti, o una misurazione della escrezione di berillio potrebbero essere
indicativi. Molte polveri organiche provocano una polmonite da ipersensibilità
più o meno acuta (vedi Capitolo 69). Una storia di sintomi sistemici
durante la fase dell’esposizione può fornire quasi da sola una diagnosi che può essere sostenuta dalla
presenza di anticorpi specifici. In
alcuni casi le fonti dell’antigene possono essere di difficile identificazione.
In questi pazienti, la presenza di un numero elevato di linfociti nel liquido
di broncolavaggio suggerisce di approfondire la ricerca di una possibile
esposizione a polveri organiche. La malattia interstiziale può essere simulata
sia da metastasi tumorali, sia da linfangite carcinomatosa, e una biopsia
transbronchiale può, in tanti casi, confermare la diagnosi. In conclusione, là dove una causa è riconoscibile, anche
l’identificazione necessita una accurata indagine, ma a volte è possibile una
diagnosi sicura senza ricorso a biopsia. Qui ribadiamo l’importanza di una
verifica obiettiva della diagnosi clinica, verifica spesso ottenuta dall’esame
degli elementi cellulari ematici, dalla presenza di anticorpi specifici, da un
esame appropriato dell’espettorato e, soprattutto, del liquido di
broncolavaggio alveolare.
Benché di causa
ignota, ci sono parecchie interstiziopatie per le quali le caratteristiche
istologiche sono tali da permettere la classificazione in sindromi con prognosi
ben definita (Tabella.59-5).
È quindi di cruciale importanza (con poche note eccezioni) l’esame istologico.
Quando i caratteri sono tipici, come per esempio nella sarcoidosi, o nella
proteinosi alveolare o nella emosiderosi, una piccola biopsia transbronchiale
può èssere sufficiente per arrivare ad una diagnosi certa. Quando i caratteri
patognomonici e la varietà istologica fanno parte della sindrome, è necessario
esaminare un frammento di tessuto più grande ottenuto con una biopsia a cielo aperto. La
scelta del tipo di biopsia da effettuare dipende dalla probabilità di poter
identificare in un frammento di tessuto molto piccolo caratteri patologici
tipici. Se ciò è considerato improbabile allora è indicata la biopsia a cielo
aperto.
Displasie cellulari ed accumulo cellulare
Esiste una vasta
gamma di displasie polmonari estremamente rare (vedi Capitolo 63).
Alcune, per esempio certe lipoidosi che si manifestano nei bambini, sono
normalmente identificate a seguito di una biopsia a cielo aperto. Altre sono
caratterizzate da una patologia in sistemi diversi da quello respiratorio.
Alcuni esempi sono gli angiofibromi subungueali e renali accompagnati da
ritardo mentale, della sclerosi tuberosa, oppure le manifestazioni
generalizzate della noeurofìbromatosi. Una importante e rara malattia negli
adulti è la leiomiomatosi, che si presenta in giovani donne in età fertile e
che a volte si manifesta con gli stessi sintomi della emosiderosi (a seguito di
occlusione venosa) e con severa riduzione del flusso d’aria (causata da
ipertrofìa del muscolo liscio nelle vie aeree e dalla formazione di bolle). È
importante stabilire la diagnosi, perché la malattia può essere curata con
successo con terapia ormonale o ovariectomia. La proteinosi alveolare (vedi Capitolo
65) viene facilmente confusa con la sarcoidosi perché si presenta
inizialmente in modo asintomatico in giovani adulti. Il liquido di
broncolavaggio si presenta macroscopicamente con aspetto lattiginoso, e la
diagnosi viene confermata dalla presenza al microscopio elettronico dei corpi
lipoproteinacei laminati. La biopsia è superflua in presenza di un corretto
esame del liquido di broncolavaggio.
Tabella
59-5. Interstiziopatie polmonari croniche da causa non conosciute
Tipi |
Patologia
|
Esempi |
Displasie ad accumulo di cellule Granuloma Granuloma necrotizzante Polmoniti interstiziali croniche |
Eccessiva proliferazione di Cellule muscolari lisce Infiltrati xantomatosi Proliferazione di cellule Fìbromuscolari Displasia neurofibrinosa Displasia linfatica Accumulo lipoproteinico Fibrosi Senza associata malattia Del tessuto connettivo Con associata malattia Del tessuto connettivo |
Displasia fibromuscolare del polmone Leiomiomatosi Malattia di
Hand-Schùller-Christian Sindrome di Letter-Siwe Polmonite colesterolica Sclerosi tuberosa Neurofìbromatosi Linfangectasia Proteinosi alveolare Sarcoidosi Granuloma eosinofilo Granuloma di Wegener Granulomato silinfomatoide Polmonite interstiziale
linfocitaria Polmonite interstiziale
desquamativa Fibrosi polmonare idiopatica Polmonite organizzante
criptogenetica Bronchiolite organizzante Artrite reumatoide Lupus eritematoso sistemico Sclerosi sistemica Dermatomiosite Altri: epatite cronica attiva, Colite ulcerosa, Acidosi tubulare renale |
Granulomi.
Una delle malattie
più comuni interstiziali è la sarcoidosi (vedi Capitolo 62). A causa del
suo decorso variabile e dei suoi numerosi aspetti, è quasi sempre consigliabile
fare una diagnosi istologica per evidenziare le lesioni polmonari persistenti.
In molti casi la biopsia della mucosa risulterà positiva. Alcuni studi hanno
avuto positività di oltre l’80% con questo metodo. La diagnosi sarà spesso ma
non sempre confermata dal numero piuttosto elevato di linfociti nel liquido di
broncolavaggio. Questi sono per la maggior parte
T-linfociti e spesso prevalentemente T-helper. Quando una radiografia al torace
dimostra l’ingrossamento bilaterale delle linfoghiandole ilari e addensamenti
parenchimali in un soggetto per il resto sano, con una risposta negativa al
test di Mantoux, gli elementi clinici bastano in pratica per la diagnosi, però
ci sono casi rarissimi di linfoma che si presentano. In simili circostanze una
biopsia transbronchiale dovrebbe nello stesso modo dimostrare un granuloma
tipicamente non caseoso. Un granuloma eosinofìlo (vedi Capitolo 64) è
presente molto probabilmente quando le opacità non interessano la base del
polmone, sono accompagnate da bolle nei lobi superiori e si presentano in un
soggetto giovane. Campioni di liquido di broncolavaggio esaminati al
microscopio elettronico possono rivelare cellule di Langerhans con strutture
tubulari tipiche nel citoplasma, patognomoniche del granuloma eosinofìlo.
Questi elementi rendono la biopsia superflua.
La polmonite interstiziale
estesa con tendenza alla distruzione dell’architettura e alla fibrosi può
verificarsi da sola o con patologie del tessuto connettivo. (vedi anche
Capitoli 60 e 61). In molti pazienti le caratteristiche cliniche sono
sufficientemente conclusive in presenza di crepitii sottili e ippocratismo
digitale: comunque quest’ultimo esiste soltanto nel 60-70% dei casi di
alveolite fìbrosante isolata ed è meno frequente in pazienti affetti anche da
alterazioni del tessuto connettivo. Questi segni non sono abbastanza costanti o
specifici da permettere una diagnosi sicura sulla base dei soli elementi
clinici. Il lavaggio normalmente rileva una prevalenza di neutrofili, di
eosinofili, o di entrambi, ma può esserci anche un discreto incremento del numero di linfociti. L’aspetto
istologico cambia secondo lo stadio della malattia. Stadi diversi possono
essere visti in diverse parti del polmone. Ciò vuoi dire che una piccola
biopsia transbronchiale non è sufficiente per una diagnosi. In considerazione
della prognosi grave, è solitamente necessario arrivare ad una diagnosi sicura,
specialmente se il paziente è giovane, perché è probabile che successivamente
sia necessaria la somministrazione di farmaci tossici o addirittura un
trapianto cuore-polmone. La biopsia a cielo aperto, è probabilmente attualmente
il metodo più preciso per ottenere un campione sufficientemente grande da
stabilire una diagnosi e lo stadio della malattia. La stadiazione è spesso
un’indicazione utile per valutare la risposta terapeutica ai corticosteroidi o
agli immunosoppressori. Per vari motivi la
validità di una biopsia a cielo aperto in questi casi è attualmente
controversa. L’operazione è accettabile se eseguita da un chirurgo abilissimo,
la cui disponibilità e comprensione assicurano il prelievo di un buon campione
con il minimo rischio e il miglior risultato estetico per il paziente.
Altre considerazioni, che variano da paese a paese, comprendono questioni
finanziarie e la possibilità di effettuare un accurato controllo successivo
(dove non è possibile, è indispensabile una diagnosi certa). Uno dei motivi più
importanti a favore di una biopsia adeguata è che può saltuariamente dare
risultati completamente inaspettati, come la malattia veno-occlusiva o qualche
infezione rara.
In questo
capitolo si è tentato di esporre una sequenza logica per aiutare il medico
clinico ad arrivare, da una gamma di possibilità teoricamente possibili, ad un
numero ridotto di diagnosi probabili. Stabilite quelle più probabili, diventa
più facile selezionare razionalmente il miglior procedimento diagnostico, cioè
quello che fornisce la diagnosi più sicura nel modo meno traumatico per il
paziente. È spesso sconsigliabile procedere a piccoli passi verso la diagnosi,
tempo e risorse permettendo. Il procedimento corretto dipenderà anche dal
paziente. Un medico prudente si chiederà per ogni singolo paziente fino a che
punto è legittimo spingersi per ottenere una diagnosi certa. Generalmente, più
giovane è il paziente e più probabile la necessità di prescrivere medicine a
lungo termine o tossiche, più è consigliabile stabilire una diagnosi certa
prima di iniziare la cura. Bisogna ricordare che tante malattie interstiziali rispondono
molto bene alla terapia, e potrebbero anche esigere l’allontanamento del paziente
da agenti estrinseci (come per esempio le polveri organiche). La
prescrizione incontrollata di corticosteroidi può causare confusione
successivamente, e dovrebbe essere evitata ove possibile.