titolo 6° - RAPPORTI CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E CON ENTI PUBBLICI E PRIVATI

CAPO I - OBBLIGHI DEONTOLOGICI DEL MEDICO A RAPPORTO DI IMPIEGO O CONVENZIONATO


Art. 69 Medico dipendente o convenzionato

Il medico che presta la propria opera a rapporto d'impiego o di convenzione, nell'ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, è soggetto alla potestà disciplinare dell’Ordine anche in adempimento degli obblighi connessi al rapporto di impiego o convenzionale.
Il medico qualora si verifichi contrasto tra le norme deontologiche e quelle proprie dell'ente, pubblico o privato, per cui presta la propria attività professionale, deve chiedere l'intervento dell'Ordine, onde siano salvaguardati i diritti propri e dei cittadini.
In attesa della composizione della vertenza Egli deve assicurare il servizio, salvo i casi di grave violazione dei diritti e dei valori umani delle persone a lui affidate e della dignità, libertà e indipendenza della propria attività professionale.

Commento:
Nel Titolo VI, Capo I "Obblighi deontologici del medico a rapporto di impiego o convenzionato" , all’art. 69 si esprime il generale principio per il quale la sussistenza di rapporto di impiego o di convenzione del medico non devono sminuire l’adesione dello stesso ai valori etici fondamentali della deontologia professionale medica
Si sottolinea il principio per cui, in caso di contrasto tra norme deontologiche e disposizioni dell’ente, il medico è tenuto a ricorrere al supporto fornito dall’Ordine professionale a salvaguardia, non solo dell’autonomia e della dignità della professione, ma anche e, soprattutto, dei diritti dei cittadini.
Si precisa anche che in attesa della soluzione del contrasto, salvo i casi di grave violazione dei diritti e dei valori umani delle persone e della dignità, libertà e indipendenza della propria attività professionale, il medico è tenuto ad assicurare il proprio servizio.
E’ questo un articolo che tende a restituire valenza all’Ordine professionale, nella sua veste di garante della professione a tutela del cittadino. E’ un articolo fortemente voluto dalla categoria al fine di restituire alla figura professionale dello stesso la caratteristica assistenziale tipica della professione medica che il sempre più frequente inquadramento nella pubblica amministrazione dei sanitari tende a sminuire.
E' chiaro, infatti, che il rapporto di dipendenza ma anche quello convenzionale presuppongono un "incardinamento" totale o quanto meno parziale nell'ambito dell'organizzazione amministrativa dell'ente pubblico o della struttura privata presso cui si presti la propria attività professionale.
Il codice deontologico già all'art. 1 ha chiarito che "i principi e le regole della deontologia medica devono essere osservate dagli iscritti all'Ordine nell'esercizio della professione quali che siano l'ambito e lo stato giuridico in cui viene svolta".
Questa disposizione viene ora ad essere meglio esplicitata ribadendo l'articolo in commento il concetto della necessità dell'osservanza delle norme deontologiche anche quando le stesse contrastino con quelle proprie degli enti pubblici o delle strutture private presso cui il medico presti la propria attività.
Sono queste situazioni deprecabili che pongono il medico di fronte alla necessità di osservare la propria deontologia professionale anche quando questa osservanza possa esporlo al pericolo di violare precise disposizioni vigenti nell'ambito lavorativo in cui presta la propria attività. Il contrasto fra le norme deontologiche e le altre può essere particolarmente delicata quando ci si trovi di fronte ad una normativa prevista da una legge ordinaria dello Stato cui sono tutti tenuti all'osservanza.
Molto più frequente nella pratica è, invece, il contrasto che può insorgere fra "norme interne" emanate da enti pubblici,(circolari, ordini di servizio etc.) e precetti deontologici. In tutte queste situazioni, ovviamente, anche in quelle più gravi, il medico è tenuto a chiedere l'intervento del proprio Ordine affinché possano essere salvaguardati i suoi diritti unitamente a quelli degli assistiti. Sarà compito dell'Ordine scegliere la strada e i mezzi più opportuni per intervenire, quando la situazione lo richieda, a difesa del medico ma in realtà a difesa della deontologia professionale di cui l'Ordine stesso deve essere il primo geloso custode.
Le responsabilità insite nell'attività medica non permettono, però, al professionista, durante lo svilupparsi della vertenza, di interrompere il proprio servizio ponendo di conseguenza in pericolo i pazienti a lui affidati. La norma deontologica, pertanto, gli impone di continuare a prestare il proprio servizio prevedendo solo un'eccezione nei casi in cui si fosse di fronte a violazioni gravi dei diritti e dei valori umani delle persone a lui affidate e della dignità della propria attività professionale.
Va sottolineato che il medico, come ogni cittadino, ha anche il diritto di adire personalmente, ove lo ritenga necessario, l'autorità giudiziaria a prescindere dall'intervento e dall'interessamento del proprio Ordine. Non può, infatti, non trovare applicazione, anche in questo caso, l'art. 24 della Costituzione che sancisce il diritto di tutti di agire in giudizio per la tutela delle proprie situazioni soggettive.