titolo 4° - RAPPORTI CON I COLLEGHI

CAPO II - CONSULENZA E CONSULTO


Art. 60 Divergenza tra curante e consulente

I giudizi espressi in sede di consulto o di consulenza devono rispettare la dignità sia del curante che del consulente.
E' affidato al medico curante il compito di attuare l'indirizzo terapeutico concordato con il consulente e eventualmente adeguarlo alle situazioni emergenti.
In caso di divergenza di opinioni il curante può richiedere altra consulenza.
Lo specialista o consulente che visiti un ammalato in assenza del curante deve fornire una dettagliata relazione diagnostica e l'indirizzo terapeutico consigliato.

Commento:
L’articolo 60 sempre nell’ambito dei rapporti tra colleghi cerca di prevenire l’eventuale insorgere di divergenze tra medico curante e consulente.
Si potrebbe dire che mentre l’articolo precedente disciplina l’aspetto "fisiologico" del rapporto tra i colleghi coinvolti, l’articolo in commento ne disciplina gli eventuali aspetti "patologici".
Il rapporto fra il medico curante e il consulente nella formulazione del giudizio diagnostico-terapeutico deve essere improntato a un sincero spirito di collaborazione.
La personalità magari marcata o il prestigio legato ai titoli accademici o all'età non devono portare ad una prevalenza dell'uno sull'altro. In buona sostanza il giudizio deve rispettare le personalità dei medici .
L'articolo stabilisce, inoltre, che l'opera del medico curante non si arresta di certo al momento dell'effettuazione della consulenza, dovendo essere integrata dal compito di valutarne l'esito: è facoltà del curante, qualora le opinioni siano divergenti, di richiedere un'ulteriore consulenza per superare eventuali persistenti dubbi.
Qualora la richiesta di ulteriore consulenza non fosse accolta si rientra in uno dei casi in cui viene ad infrangersi il rapporto fiduciario con il proprio paziente ed è, pertanto, prevista la facoltà per il medico curante stesso di rinunciare all'incarico professionale
Si sottolinea l’obbligo del consulente che visita il paziente di fornire una dettagliata relazione diagnostica sul caso rispondendo in modo esauriente e chiaro anche ai quesiti propostigli.
Dalla relazione diagnostica deve scaturire logicamente l'indirizzo terapeutico consigliato per il caso in esame.
E' opportuno sottolineare che l'uso della dizione "indirizzo terapeutico consigliato" fa trasparire ancora una volta la preoccupazione del legislatore deontologico di salvaguardare la correttezza dei rapporti fra curante e consulente nel rispetto dell'attività di entrambi.
In conclusione i rapporti tra medico curante e consulente devono tendere alla applicazione di quei principi di rispetto, lealtà cui deve essere improntato ogni rapporto tra colleghi.
Si tratta di principi che, lungi dall’essere considerati superati, acquistano oggi in un contesto socio-sanitario difficile, maggiore valenza, divenendo elementi qualificanti dell’attività professionale del medico.