I giudizi espressi in sede di consulto o di
consulenza devono rispettare la dignità sia del curante che del
consulente.
E' affidato al medico curante il compito di attuare
l'indirizzo terapeutico concordato con il consulente e eventualmente adeguarlo
alle situazioni emergenti.
In caso di divergenza di opinioni il
curante può richiedere altra consulenza.
Lo specialista
o consulente che visiti un ammalato in assenza del curante deve fornire una
dettagliata relazione diagnostica e l'indirizzo terapeutico consigliato.
Commento:
L’articolo 60 sempre
nell’ambito dei rapporti tra colleghi cerca di prevenire l’eventuale insorgere
di divergenze tra medico curante e consulente.
Si potrebbe dire che mentre
l’articolo precedente disciplina l’aspetto "fisiologico" del rapporto tra i
colleghi coinvolti, l’articolo in commento ne disciplina gli eventuali aspetti
"patologici".
Il rapporto fra il medico curante e il consulente nella
formulazione del giudizio diagnostico-terapeutico deve essere improntato a un
sincero spirito di collaborazione.
La personalità magari marcata o il
prestigio legato ai titoli accademici o all'età non devono portare ad una
prevalenza dell'uno sull'altro. In buona sostanza il giudizio deve rispettare le
personalità dei medici .
L'articolo stabilisce, inoltre, che l'opera del
medico curante non si arresta di certo al momento dell'effettuazione della
consulenza, dovendo essere integrata dal compito di valutarne l'esito: è facoltà
del curante, qualora le opinioni siano divergenti, di richiedere un'ulteriore
consulenza per superare eventuali persistenti dubbi.
Qualora la richiesta di
ulteriore consulenza non fosse accolta si rientra in uno dei casi in cui viene
ad infrangersi il rapporto fiduciario con il proprio paziente ed è, pertanto,
prevista la facoltà per il medico curante stesso di rinunciare all'incarico
professionale
Si sottolinea l’obbligo del consulente che visita il paziente
di fornire una dettagliata relazione diagnostica sul caso rispondendo in modo
esauriente e chiaro anche ai quesiti propostigli.
Dalla relazione diagnostica
deve scaturire logicamente l'indirizzo terapeutico consigliato per il caso in
esame.
E' opportuno sottolineare che l'uso della dizione "indirizzo
terapeutico consigliato" fa trasparire ancora una volta la preoccupazione del
legislatore deontologico di salvaguardare la correttezza dei rapporti fra
curante e consulente nel rispetto dell'attività di entrambi.
In conclusione i
rapporti tra medico curante e consulente devono tendere alla applicazione di
quei principi di rispetto, lealtà cui deve essere improntato ogni rapporto tra
colleghi.
Si tratta di principi che, lungi dall’essere considerati superati,
acquistano oggi in un contesto socio-sanitario difficile, maggiore valenza,
divenendo elementi qualificanti dell’attività professionale del medico.