Il medico curante deve proporre il consulto con altro collega o
la consulenza presso idonee strutture di specifica
qualificazione, ponendo gli adeguati quesiti e fornendo la
documentazione in suo possesso, qualora la
complessità del caso clinico o l'interesse del malato esigano il
ricorso a specifiche competenze specialistiche diagnostiche
e/o terapeutiche.
Il medico, che sia di
contrario avviso, qualora il consulto sia richiesto dal malato o dai suoi
familiari, può astenersi dal parteciparvi fornendo, comunque, tutte le
informazioni e l'eventuale documentazione relativa al caso.
Il modo e
i tempi per la consulenza sono stabiliti tra il consulente e il curante secondo
le regole della collegiale collaborazione.
Commento:
L’art. 59, in modo più
sintetico rispetto alle precedenti stesure del codice di deontologia medica,
disciplina i rapporti che devono intercorrere tra il curante e il medico
chiamato a fornire la propria consulenza. Ovviamente tali rapporti investono la
figura del cittadino – malato di cui devono essere sempre e comunque rispettati
il diritto alla riservatezza e la libertà di scelta.
Abbiamo già visto negli
articoli precedenti i principi che devono caratterizzare l'operato dei medici
nell'ambito dei rapporti fra colleghi che si occupano, per vari motivi di uno
stesso caso. L'articolo in commento, però, prevede qualcosa di diverso in quanto
pone a carico del medico curante non la semplice facoltà, ma l'obbligo di
proporre una consulenza con un altro collega o presso idonea struttura
specialistica quando sia necessario il ricorso a peculiari e adeguate
competenze.
E' questa una situazione in cui viene affidata al medico una
responsabilità particolarmente delicata cioè quella di "farsi giudice di se
stesso" e della propria inadeguatezza a far fronte da solo a un caso clinico
particolarmente difficile.
Questa situazione non deve essere interpretata
come dimostrazione di scarsa cultura del medico (considerando l'enorme vastità
dell'attuale sapere medico e la sua sempre più necessaria specializzazione) ma
anzi come una prova di responsabilità e di conoscenza delle gravi conseguenze
che può avere una diagnosi e quindi una terapia non perfettamente adeguate al
caso.
Sarà necessario, ovviamente, anche il consenso del paziente
considerando che, sia l'art. 32, secondo comma della Costituzione, "nessuno può
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione
di legge" sia la stessa legge 833/78 e sia successivi interventi normativi
riconoscono il diritto al paziente di scegliere il medico e il luogo dove
vogliono essere curati. E' ovvio, però, che in questo campo è enorme la
discrezionalità del medico avendo egli la facoltà di suggerire e consigliare con
la necessaria competenza legata al suo specifico ruolo professionale.
Non
esistono indicazioni e tanto meno direttive precise in ordine alla modalità di
svolgimento della consulenza essendo opportuno lasciare ai due professionisti
interessati il compito di accordarsi per garantire il miglior successo
dell'iniziativa nell'interesse esclusivo del paziente. Occorre tenere presente,
infatti, che il fine della consulenza è quello di pervenire, tramite il
collegiale confronto fra colleghi, ad una diagnosi e quindi a un indirizzo
terapeutico che permetta di fornire al malato la migliore cura e assistenza
possibili.
Resta affidata allo spirito di collaborazione e al reciproco
rispetto fra medico curante e consulente, normalmente un medico specialista, la
scelta delle modalità operative ma anche temporali attraverso le quali svolgere
la consulenza. E' ovvio che la presenza contemporanea di tutti i medici
interessati rappresenta la soluzione migliore per garantire l'esame approfondito
ed informato del caso.
L’articolo vuole significare che il rapporto
intercorrente fra medico curante e consulente è assolutamente paritario quale
che sia il prestigio professionale eventualmente riconosciuto allo
specialista.
I colleghi coinvolti devono scambiarsi, nel più assoluto
rispetto dei loro convincimenti, opinioni e conoscenze atte a favorire una
corretta diagnosi che permetta di assicurare al malato le cure necessarie. Non è
possibile, infatti, sottovalutare il ruolo del medico curante che, attraverso la
propria conoscenza del malato e della sua situazione pregressa, è in grado di
fornire dati illuminanti anche al consulente che non ha avuto, ovviamente, la
possibilità di seguire la malattia sin dal suo primo manifestarsi.