Sono vietate al medico tutte le forme, dirette o indirette, di pubblicità
personale o a vantaggio della struttura, pubblica o privata, nella quale presta
la sua opera.
Il medico è responsabile dell’uso che si fa del suo
nome, delle sue qualifiche professionali e delle sue
dichiarazioni.
Egli deve evitare, che attraverso organi di stampa,
strumenti televisivi e/o informatici, collaborazione a inchieste e interventi
televisivi, si concretizzi una condizione di promozione e di sfruttamento
pubblicitario del suo nome o di altri colleghi.
Commento:
Il capo XI affronta la
delicata questione della pubblicità sanitaria. L’intero capo è stato riformato,
sono stati cioè rielaborati tutti e quattro gli articoli che lo componevano.
Decisamente innovativi sono i primi due articoli che differenziano, come non era
stato fatto in passato, la pubblicità in materia sanitaria dalla semplice
informazione. E’ questo un elemento di discrimine delicatissimo che la normativa
di legge, finora disciplinante la materia, non ha mai contribuito a chiarire.
L’art. 53 sulla pubblicità in materia sanitaria chiarisce come sia vietato un
utilizzo di forme pubblicitarie non corretto e uno sfruttamento pubblicitario
dei successi ottenuti. E’ precisato il divieto al medico di tutte le forme
dirette o indirette di pubblicità personale o a vantaggio della struttura presso
cui opera. Si vuole evitare quindi che vi sia uno snaturamento della professione
in senso commerciale proprio a salvaguardia della professione medica o della
struttura nella quale il medico presta la sua opera. Questa formulazione degli
articoli del capo XI intendono esprimere la precisa volontà dell’ordine
professionale di sopperire alle oggettive carenze della normativa in materia.
Come è noto infatti la legge 175 del 1992 intendeva regolamentare una situazione
di assoluto disordine in campo di pubblicità sanitaria, ma in realtà ha finito
con il burocratizzare il controllo della pubblicità in materia sanitaria
riducendo l’Ordine professionale ad un ruolo notarile di comportamenti
scorretti, prevedendo, oltretutto, un sistema sanzionatorio stabilito per legge
che sottrae all’Ordine il controllo.
A seguito della legge n. 42/99 è
intervenuta una modifica del regime sanzionatorio disciplinare relativo alla
pubblicità sanitaria.
Si è in buona sostanza inteso superare la rigidità che
la legge 175/92 introduceva, restituendo all’Ordine un ruolo centrale di garante
della correttezza del comportamento dei medici in un campo sicuramente in
continuo sviluppo come quello della pubblicità e dell’informazione
sanitaria.
E’ recente, inoltre, la modifica introdotta con la legge 14
ottobre 1999, n. 362, "Disposizioni urgenti in materia sanitaria" che con l’art.
12 interviene sia sull’art. 1 che sull’art. 4, 1° comma, della legge 5 febbraio
1992 n. 175, prevedendo che la pubblicità sanitaria – dei singoli professionisti
e delle case di cura, gabinetti e ambulatori mono e polispecialistici – sia
consentita attraverso inserzioni su "giornali quotidiani e periodici di
informazione".
Viene previsto cioè un ulteriore strumento informativo del
messaggio pubblicitario che peraltro – è da sottolineare – lascia inalterata la
normativa vigente in materia di nulla osta, autorizzazioni e caratteristiche
estetiche dei messaggi pubblicitari.
In riferimento al tema del controllo
della pubblicità sanitaria occorre sottolineare un’ulteriore parziale modifica
prevista dal D.Lgs n. 96 del 30 marzo 1999, le cui disposizioni trovano
applicazione dall’1.7.1999. A seguito dell’avvenuta entrata in vigore di questa
normativa, sono da considerare trasferite ai Comuni (almeno per le Regioni
appresso specificate) le funzioni amministrative concernenti la pubblicità
sanitaria di cui all’art. 118, comma 2, del D.Lgs n. 112 del 1998.
In buona
sostanza, la competenza a rilasciare le autorizzazioni di cui all’art. 5 della
normativa della legge 175/92 è attribuita ai Comuni e non più alle Regioni. La
normativa, come specificamente riportato all’art. 1, si applica alle Regioni
Piemonte, Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Molise, Campania, Puglia e
Calabria.
Tale disposizione si spiega con il fatto che le Regioni citate non
avevano ancora provveduto a emanare la legge regionale di cui all’art. 3 della
legge 8 giugno 1990, n. 142 e all’art. 4, comma 5 della legge 15 marzo 1997 n.
59 che individua quali funzioni amministrative conferite alle Regioni dal
decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 sono mantenute in capo alle Regioni e
quali sono trasferite o delegate agli enti locali.
La citata legge 14 ottobre
1999 n. 362 non ha esplicitamente previsto l’utilizzazione, come veicolo
informativo del messaggio pubblicitario, della rete Internet.
L’urgenza,
comunque, di fornire orientamenti su un tema di interesse e di stretta
contingenza – vista la crescente utilizzazione del mezzo informatico – ha
indotto il Comitato Centrale della Federazione, che pure nell’art. 53 in
commento aveva già espresso una posizione, a ritenere praticabile la diffusione
di messaggi pubblicitari tramite uno strumento informatico quale Internet, nel
rispetto, evidentemente, dei limiti previsti degli artt. 1 e 4 della legge n.
175/92.
Il sanitario dovrà richiedere all’Ordine provinciale presso cui è
iscritto il rilascio di apposito nulla osta a garanzia della correttezza del
messaggio proposto e della rispondenza ai criteri di cui alla legge 175/92 e
D.M. 657/94.