Il medico non deve in alcun modo o caso collaborare, partecipare o
semplicemente presenziare ad atti esecutivi di pena di morte o ad atti
di tortura o a trattamenti crudeli, disumani o
degradanti.
E’ vietato al medico di praticare qualsiasi forma di
mutilazione sessuale femminile.
Commento:
Questo articolo è stato
ampliato nella sua formulazione inserendo tra i divieti per il medico la
collaborazione, partecipazione ad atti di tortura o a trattamenti crudeli e
disumani e degradanti allargandolo alla partecipazione ad atti esecutivi di pena
di morte, anche se il nostro ordinamento penale non la prevede e recentemente in
tal senso è stato modificato anche l’ordinamento militare che la stabiliva in
caso di guerra.
Questo dà il senso della linea di pensiero e di condotta che
a livello legislativo e di Governo è stata assunta nei confronti della pena di
morte. Il fatto, comunque, che il codice abbia ritenuto, in questa nuova
formulazione, di esplicitare questo divieto di presenziare ad atti esecutivi di
pena di morte, deve essere inteso come una volontà di esplicitare questa
posizione a livello sia nazionale che internazionale.
E’ noto, infatti, che
alcuni Paesi, quali gli Stati Uniti, prevedono nel loro ordinamento giudiziario
questa pena nonostante le prese di posizione decise anche di organizzazioni
mediche. Continua a essere prevista la presenza di un medico in situazioni di
questo tipo e soprattutto che non vengono poi irrogate efficaci azioni
sanzionatorie nei confronti di quei medici che hanno partecipato a questo tipo
di attività.
Il senso dell’articolo, i divieti che lo stesso pone e
l’utilizzo dei termini collaborare, partecipare, presenziare tendono a
rafforzare il divieto posto al medico riguardo alla diretta, ma anche indiretta,
partecipazione ad atti che comportino lesioni nei confronti del soggetto
sottoposto a tortura o a trattamento crudele.
L’ultimo comma inserito
nell’attuale versione del codice di deontologia medica che fa divieto al medico
di praticare qualsiasi forma di mutilazione sessuale femminile, risente della
nuova struttura multirazziale della società fenomeno che si sta incrementando
anche nel nostro Paese e vuole essere una espressione moderna di rifiuto di
qualunque tipo di attività che pur con motivazioni di tipo religioso-rituale,
comunque è da ritenere illecito dal punto di vista etico-deontologico essendo
l’infibulazione una forma di mutilazione inaccettabile.
La norma sancisce,
in modo sinteticamente efficace, l'assoluta incompatibilità dell'esercizio della
medicina con pratiche lesive della libertà, dignità ed integrità della
persona.
Pertanto, ove vengano effettuati trattamenti crudeli, o disumani, o
degradanti, il medico non può fornire un avallo, anche indiretto, agli stessi
neanche con la sua presenza.
E' evidente che da un diverso comportamento
deriverebbe un vero e proprio snaturamento della professione. Questo articolo
traduce, in termini deontologici, la previsione dell'art.13 della Costituzione,
4° comma, ai sensi del quale è punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizione di libertà.
Anche nei codici
deontologici di altre nazioni, ed in particolare di quelle europee, sono
rinvenibili norme analoghe a quella in esame, pur se nell'ambito delle stesse
sono rilevabili diversità di articolazione.
I codici francese, spagnolo,
portoghese e del Lussemburgo, ad esempio, vietano al medico di partecipare
direttamente o indirettamente a sevizie e trattamenti degradanti per la natura
umana, quali che siano le giustificazioni invocate, sia in tempo di pace che in
caso di guerra.
Il codice spagnolo estende il divieto anche alle pratiche
finalizzate alla manipolazione delle coscienze e alla diminuzione della capacità
di resistenza dell'individuo.
In Spagna e in Lussemburgo è fatto obbligo al
medico di sporgere denuncia all'autorità, qualora visitando un detenuto constati
che questi abbia subito maltrattamenti o trattamenti inumani o crudeli; il
codice lussemburghese specifica che è necessario il consenso dell'interessato e,
tuttavia, questo non è indispensabile qualora lo stesso non sia in grado di
esprimere liberamente una decisione.
Secondo il codice portoghese , inoltre,
il medico deve impedire o denunciare al proprio Ordine qualunque atto lesivo
della salute fisica o psichica dei detenuti della cura dei quali sia
responsabile.
Per quanto attiene, in particolare, all'obbligo del medico di
denunciare all'autorità giudiziaria situazioni delittuose di maltrattamenti o
lesioni a reclusi dallo stesso rilevate, va rammentato che tale obbligo è
giuridicamente fissato dalle norme del codice penale di cui agli artt.361-362 e
365 riguardanti, rispettivamente, l'omessa denuncia da parte di pubblico
ufficiale, o di incaricato di pubblico servizio e l'omissione di referto.