La sperimentazione, disciplinata dalle norme di buona pratica clinica, può
essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici, solo in quanto sia
razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o
terapeutica per i cittadini interessati.
In ogni caso di studio
clinico, il malato non potrà essere deliberatamente privato dei consolidati
mezzi diagnostici e terapeutici indispensabili al mantenimento e/o al ripristino
dello stato di salute.
Commento:
L’articolo in commento
riguarda essenzialmente la sperimentazione clinica con particolare riferimento a
quella di nuovi farmaci.
La dichiarazione di Helsinki sulla ricerca clinica
formula le seguenti raccomandazioni.
1 Nel trattare il malato, il medico deve
essere libero di far ricorso ad una nuova misura diagnostica e terapeutica se a
suo giudizio questa offre la speranza di salvare una vita umana, ridare la
salute o alleviare le sofferenze.
2 I potenziali vantaggi, rischi e disagi in
un nuovo metodo andranno confrontati con i vantaggi dei migliori metodi
diagnostici e terapeutici di uso corrente.
3 In ogni studio medico tutti i
pazienti - inclusi quelli di un eventuale gruppo di controllo - devono avere la
garanzia che nel loro caso vengano impiegati i migliori metodi diagnostici e
terapeutici.
4 Il rifiuto del paziente di prendere parte ad uno studio non
deve mai interferire con la relazione medico-paziente.
5
Qualora il medico
ritenga di fondamentale importanza non ottenere il consenso informato del
paziente le ragioni specifiche di questa proposta vanno dichiarate nel
protocollo sperimentale da trasmettersi al comitato indipendente.
6
Il medico
può combinare ricerche mediche e cure allo scopo di acquisire nuove conoscenze
mediche soltanto se ed in quanto la ricerca medica è giustificata dal suo
potenziale valore diagnostico e terapeutico per il paziente.
Per quanto
riguarda la sperimentazione di nuovi farmaci sono tuttavia intervenute le nuove
direttive di cui al decreto ministeriale 18 marzo 1998 che prevedono il
decentramento dell’attività di ratifica dei nuovi farmaci attraverso la
successiva sperimentazione effettuata in sede clinica in fase III e IV.
In
pratica, seguendo l’orientamento espresso in sede di Comunità europea che
sottopone la sperimentazione di medicinali (sia nuovi che diversamente
utilizzati) a precise regole cosiddette di "good clinical practice" approvate
dall’U.E. il 17.7.1996, il Governo italiano, con D.M. 15 luglio 1997 ha recepito
tale metodologia che chiaramente stabilisce le norme amministrative e i
requisiti tecnici scientifici ed etici dei protocolli presentati dalle industrie
farmaceutiche che assumono la qualifica di sponsor.
Successivi decreti hanno
decentrato alle aziende sanitarie o ai centri clinici specializzati il controllo
di efficacia e di sicurezza dei farmaci proposti, prima della loro dichiarazione
di notorietà e immissione in mercato. Una responsabilità di così forte peso
sanitario e morale viene così confidata come in ogni altro paese evoluto, ai
centri clinici ove si affrontano le essenziali fasi della sperimentazione
sull’uomo sano ma più spesso sull’ammalato, attraverso metodologie molto
rigorose che prevedono il confronto (spesso versus placebo), la somministrazione
con le procedure della cecità semplice o doppia, la valutazione biostatistica
dei risultati (Decreto 18 e 19 marzo 1998).
Si tratta di delicatissime
valutazioni clinico scientifiche ed etiche di cui è garante e giudice (unico) un
Comitato Etico indipendente, operante sulla struttura ove si realizza
l’esperimento e che è obbligatoriamente composto da figure professionali, almeno
in parte esterne alla struttura, che prevedono la presenza di 2 clinici, di un
farmacologo, di un biostatistico, di un bioeticista e di un medico
legale.
Fondamentale nelle regole di buona condotta clinica è il consenso
dell’ammalato, che deve essere consapevole dei benefici ma anche dei rischi
connessi alla sperimentazione.
In questa chiave va letto oggi l ‘art.37 che
va oltre le stesse regole europee, là ove assicura che il paziente non venga
privato della terapia già consolidata per efficacia e sicurezza.
Queste nuove
regole esaltano in definitiva il ruolo del Comitato etico ma creano indubbie
difficoltà organizzative e di rapporto con le altre istanze etiche del tutto
esenti da vincolatività, che sottendono la consulenza etica per le
sperimentazioni diverse da quelle dirette a validare i nuovi farmaci.