Non sono ammessi test genetici se non diretti in modo esclusivo a rilevare
o predire malformazioni o malattie ereditarie e se non espressamente richiesti,
per iscritto, dalla persona interessata o dalla madre del concepito, che hanno
diritto alle preliminari informazioni e alla più ampia e oggettiva illustrazione
sul loro significato, sul loro risultato, sui rischi della gravidanza, sulle
prevedibili conseguenze sulla salute e sulla qualità della vita, nonché sui
possibili interventi di prevenzione e di terapia.
Il medico non deve,
in particolare, eseguire test genetici predittivi a fini assicurativi od
occupazionali se non a seguito di espressa e consapevole manifestazione di
volontà da parte del cittadino interessato.
Commento:
Si è ritenuto di redigere un
articolo specifico riguardo al tema dei test genetici e predittivi, che si è già
prepotentemente imposto a livello diagnostico, nella duplice metodologia dello
screening e del test mirato su soggetti ritenuti esposti a rischio
ereditario.
La prima parte dell’articolo, in sintonia con l’art.12 della
Convenzione sui diritti dell’uomo e la Biomedicina (Oviedo-1997), conferma come
non possa procedersi a test predittivi di malattie genetiche al fine sia di
identificare un soggetto come portatore di un gene responsabile di malattia sia
di svelare una predisposizione o una suscettibilità genetica ad una malattia se
non per fini medici o di ricerca medica e previa consultazione con un
appropriato comitato di consulenza genetica.
Anche in questo caso è
essenziale un consenso espresso per iscritto dalla persona interessata o dei
suoi legali rappresentanti in caso di soggetti minori o incapaci, e a maggior
ragione, della donna in stato di gravidanza.
La conseguenza, in quest’ultima
ipotesi, è rappresentata in caso di positività del test su materiale coriale,
dalla interruzione volontaria della gravidanza la cui scelta peraltro dipende
unicamente e solo dalla volontà della donna.
Massima prudenza e saggia
condotta si impongono ai medici nel ricorso a test genetici in soggetti giovani,
particolarmente se d’età minore e nella rivelazione, peraltro ineludibile, della
incombenza di una malattia genetica a sviluppo tardivo, per cui massima
attenzione va rivolta al possibile impatto sulla qualità della vita. Nel
rispetto della privacy si impone in ogni caso il ricorso alla consulenza
genetica.
Definitivo è il divieto per il medico di compiere e tanto meno di
eseguire test genetici a fini assicurativi od occupazionali sottolineando la
illiceità di comportamenti che, finalizzati o non scopo di lucro, sono
chiaramente in contrasto con i principi fondamentali dell’etica e della
deontologia medica.
Al riguardo va evidenziato che a favore di tali test
potrebbero premere per motivi diversi compagnie di assicurazioni (per la stipula
dei contratti sulla vita e sulla malattia) e datori di lavoro, a scopo di
selezione occupazionale.
Altri test possono fornire indicazioni sulle
predisposizioni a determinate malattie o sulla agevolazione del loro sviluppo in
concomitanza di un determinato ambiente di lavoro.
Al riguardo va evidenziato
che la Risoluzione Az-327 del 1988 del Parlamento europeo riconosce come
inalienabile il diritto del lavoratore ad essere informato e consultato prima
degli esami, nonchè di rifiutare le analisi genetiche senza indicazioni dei
motivi e senza che ciò possa comportare conseguenze negative. Ma il rifiuto da
parte del medico dovrebbe resistere anche alla lusinga del consenso.