La libera scelta del medico e del luogo di cura costituisce principio
fondamentale del rapporto medico-paziente.
Nell’esercizio
dell’attività libero professionale svolta presso le
strutture pubbliche e private, la scelta del medico
costituisce diritto fondamentale del cittadino.
E', pertanto, vietato
qualsiasi accordo tra medici tendente a influire sul diritto del cittadino alla
libera scelta.
Il medico può consigliare, ma non pretendere, che il
cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura.
Commento:
Il codice di deontologia
medica all’art. 24 sintetizza il contenuto dei due articoli 24 e 27 della
precedente stesura. La ratio dei due articoli era, infatti, la medesima: la
necessità del rispetto della libertà di scelta del medico, del luogo di cura e
della correlativa esigenza di garantire al paziente la scelta finale sui
presidi, istituti o luoghi di cura da privilegiare per garantire la cura
stessa.
L’art. 24 in sostanza afferma che il rapporto medico-cittadino rimane
sempre e comunque di carattere fiduciario che deve sussistere, a garanzia della
migliore riuscita delle cure, tra il professionista e il proprio assistito in
mancanza del quale ben difficilmente il rapporto potrebbe garantire risultati
positivi.
Tale articolo, come anche i successivi del medesimo capo,
disciplina l'obbligo del medico al rispetto del diritto del paziente alla libera
scelta del personale medico e delle strutture cui affidare la tutela della
propria salute.
Per quanto attiene alla libera scelta del medico, questa è
ribadita anche nella normativa del Servizio Sanitario Nazionale e trova
applicazione nei provvedimenti regolamentari. Essa rappresenta un principio
fondamentale ed inalienabile che deve improntare il rapporto medico-paziente,
proprio per la natura fiduciaria che caratterizza tale rapporto.
La libertà
di scelta e la natura fiduciaria del rapporto professionista-cliente, trovano un
effettivo e significativo riscontro in ambito giuridico, nell'art.2232 c.c. che,
appunto, sancisce al 1° comma l'obbligo di "eseguire personalmente l'incarico
assunto" evidenziando, così, indirettamente, l'aspetto fondamentale della
fiducia che connota il rapporto in esame con conseguenze notevoli anche per il
diritto (v. ad esempio le limitazioni poste dallo stesso articolo 2232 c.c. in
merito alle possibilità del professionista di far ricorso a sostituti e/o ad
ausiliari).
Il codice deontologico ribadisce come dovere comportamentale del
medico il rispetto del diritto del paziente alla libera scelta del curante
prendendo anche, molto opportunamente, in considerazione la sostanziale
disparità che spesso connota il rapporto medico-paziente e che può consentire al
primo di influenzare l'altro anche relativamente alla scelta di colleghi o di
strutture cui affidarsi.
A tale riguardo viene previsto, per sancirne il
divieto, l'accordo tra due medici volto, appunto, ad influenzare la scelta del
paziente. Viene prevista la facoltà per il medico di dare indicazioni al
paziente in merito ai presidi, istituti o luoghi di cura da lui reputati più
idonei per le necessità del paziente stesso.
Tale facoltà trova
giustificazione nella stretta connessione esistente tra i vari interventi
sanitari, rientranti in unico trattamento riferito ad uno stesso soggetto;
infatti, l'attività diagnostica e/o terapeutica di un sanitario può trovare
implicazioni in quelle precedenti di altri, e può determinare conseguenze sulle
successive che, diversi colleghi, si troveranno ad effettuare.
Si tratta di
una facoltà che può, inoltre, essere considerata quale manifestazione del
compito del medico di agire in difesa della salute del paziente laddove,
evidentemente, le indicazioni trovino origine nel convincimento del sanitario
della sicura affidabilità delle strutture, istituti consigliati e della loro
piena rispondenza alle esigenze dell'assistito.
Le convinzioni del medico non
possono però annullare il diritto alla libera scelta delle strutture e dei
luoghi di cura e, anche nella fattispecie oggetto dell'articolo in esame, resta
fermo, per il medico, il dovere, fissato al precedente art. 17, d'ordine
generale, di rispettare i diritti fondamentali del cittadino.
Va rilevato
altresì che il presente articolo considera solamente la fattispecie in cui le
indicazioni del medico siano mosse da convinzioni di beneficialità; qualora,
invece, dette indicazioni dovessero fondarsi su diverse finalità quali, ad
esempio, benefici economici per il medico stesso o compartecipazioni agli utili
di determinate strutture verrebbero a configurarsi violazioni di altre norme
quali quelle che sanciscono il principio dell'indipendenza dell'esercizio
professionale e la finalizzazione dello stesso alla sola tutela della vita e
della salute dei pazienti (artt.3 e 4 del codice).