L'interstizio
polmonare è costituito da un sottile strato di tessuto nella parete alveolare,
limitato dalla lamina basale dell’epitelio alveolare e delle cellule
endoteliali. L’Interstizio si di parte dalle guaine che rivestono l'albero
bronchiale e vascolare, si estende a tutti gli alveoli ed è connesso ai
tessuti perilobulari e subpleurici, L’interstizio alveolare gioca un ruolo
critico nella definizione dell' architura e delle proprietà meccaniche della
parete alveolare, fornendo il sostegno strutturale per le cellule epiteliali ed
indoteliali e modulando il comportamento della parete alveolare durante la
respirazione. Le malattie croniche delle strutture interstiziali polmonari sono
tradizionalmente suddivise in tre gruppi:
(1: disordini
dell’interstizio polmonare a eziologia nota;
(2: disordini
dell'interstizio polmonare a eziologia scono sciuta;
(3: enfisema.
ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL’INTERSTIZIO ALVEOLARE Nell’adulto normale
l’interstizio alveolare occupa. Approssimativamente il
50% del volume della parete alveolare. È limitato
dalle membrane basali epiteliali ed endoteliali, è costituito da tessuto
connettivo (stroma) e include la matrice interstiziale extracellulare) e le
cellule mesenchimali. L’interstizio contiene anche macrofagi alveolari e
linfociti-cellule infiammatorie che, a seconda del tipo di insulto, possono
giocare un ruolo vitale nella difesa del polmone. Nel contesto
dell'interstizio sono disperse anche proteine, lipidi, carboidrati e piccoli
soluti derivati dal plasma e dalle cellule. Membrane basali: Le membrane basali epiteliali ed
endoteliali sono sottili lamine di tessuto connettivo poste al di sotto delle
cellule epiteliali ed endoteliali. In diversi punti dell'interstizio alveolare
le due membrane basali sono fuse; in questi siti la distanza tra aria e
sangue è brevissima e probabilmente è questa la strada attraverso la quale
avviene la maggior parte degli scambi dei gas. Matrice del tessuto
connettivo:
La matrice connettivale, limitata dalle due membrane basali epiteliale ed
endoteliale, comprende fibre elastiche e componenti amorfe. La componente
fibrosa è costituita da collagene, per lo più di tipo I e di tipo III, con una piccola quota di tipo V. La 'componente elastica
dell'interstizio è formata da fibre elastiche che rappresentano il 20-30% del tessuto connettivo
Interstiziale. Le fibre elastiche sono costituite da due componenti: elastina
e miofibrille. Nell'interstizio alveolare dell'adulto la componente amorfa è
occupata al centro dalle fibre elastiche, mentre le miofibrille sono situate
in periferia. Cellule
mesenchimali:
Le cellule mesenchimali rappresentano Il 30-40% delle
cellule parenchimali presenti nella parete alveolare e includono fibroplasti,
miofibroblasti, cellule muscolari lisce, periciti, le cosiddette
cellule interstiziali (myofibroblastiche cells, che spesso contengono gocce
lipidiche citopiasmatiche), e cellule mesenchimali indifferenziate. Per la loro
preponderanza numerica, i fibroblasti e i miofibroblasti dominano la
popolazione delle cellule mesenchimali del polmone. Cellule
infiammatorie:
Sulla superficie epiteliale alveolare e nell'interstizio si riscontra L’80-90% di macrofagi alveolari e il 10% di linfociti. I macrofagi
alveolari derivano dai monociti del sangue che proliferano lentamente
all’inteno dell'interstizio. Complessivamente la popolazione macrofagica
alveolare ha approssimativamente un tum over di tre mesi. La popolazione
linfocitaria include linfociti T
e linfociti B, le T constano di cellule helper, inducer
e citotossiche, di solito nelle stesse proporzioni del sangue. L'interstizio
contiene proporzionalmente meno linfociti B
che linfociti T.
I linfociti B nelle
basse vie respiratorie sintetizzano e secemono le immunoglobuline. Funzioni dell'interstizio
alveolare:
L’interstizio alveolare è preposto a quattro funzioni: (A: provvedere al sostegno strutturale per
le cellule della parete alveolare cooperando a definire l’architettura degli
spazi alveolari; (B:
svolgere un ruolo meccanico delle basse vie durante la respirazione,
assicurato dalle membrane basali, dalla matrice dei tessuto connettivo e
dalle cellule mesenchimali; (C: modulare
il passaggio dei fluidi e dei soluti tra la superfici epiteliale ed
endoteliale, costituendo una porzione di tessuto - barriera tra sangue e
aria; (D: contribuire
alla difesa delle basse vie respiratorie sia come barriera meccanica sia per
l’insieme di cellule infiammatorie normalmente presenti all'interno
dell'interstizio. |
Dal punto di vista patogenetico queste malattie possono
essere differentemente catalogate in base al tipo di danno dell'interstizio
alveolare:
(1 distorsione: processo nel quale l'interstizio polmonare
risulta allargato a causa dell’accumulo di cellule e / o materiale
extracellulare;
(2
fibrosi: processo nel quale il normale interstizio è danneggiato e sostituito
da un numero maggiore di cellule mesenchimali e da un tessuto protetto;
(3 distruzione:
processo nel quale viene meno l’integrità dell’interstizio.
Fisiologia
Infiammazione: Le cellule infiammatorie inducono alterazione
dell’interstizio con tre modalità:
(A:
occupando spazio e scompaginando la normale architettura;
(B:
danneggiando le cellule e le componenti del tessuto connettivo dell’interstizio
stesso;
(C:
danneggiando l’epidelio è l’entotelio, pertanto alterando interamente la
struttura e la funzione interstiziale.
Il
tipo di cellule infiammatorie attivate nell'interstizio determina il tipo di
danno risultante. L'infiammazione dominata da linfociti T causa un danno tipo
distorsione, mentre l'infiammazione mediata da macrofagi
alveolari, neutrofili ed eosinofili provoca di solito un danno di tipo
fibrotico. I neutrofili aggiungono
una prospettiva di danno di tipo distruttivo, in quanto sono potenzialmente in
grado di danneggiare severamente tutte le componenti del tessuto connettivale
dell'interstizio e, di conseguenza, di distruggere completamente l’architettura
interstiziale. Le principali categorie di mediatori coinvolti nella patogenesi
delle malattie infiammatorie delle basse vie aeree includono ossidanti e
fattori chemiotattici, i quali richiamano altre cellule infiammatorie
amplificando in tal modo la flogosi.
Mediatori
dell’immunità I fattori
chemiotattici e di crescita secreti dalle cellule della flogosi mediano l'
accumulo di cellule mesenchimali. D' altra parte questi processi omeostatici
bilanciano l'infiammazione mediante antiproteasi, antiossidanti,
immunosoppressori, inibitori della chemiotassi, fattori antiproliferativi e
tramite la capacità dell'interstizio di rimuovere gli stimoli che possono
perpetuare o iniziare i processi di flogosi.
Proteasi: i macrofagi alveolari, gli eosinofili ma soprattutto
i neutrofili possono rilasciare proteasi. Ognuna di queste cellule può anche
rilasciare un differente spettro di proteasi:
(A: i
neutrofili attivati rilasciano collagenasi, elastasi e catepsina G; (B:gli eosinofili rilasciano collagenasi; (C: i macrofagi alveolari rilasciano l'attivatore del
plasrninogeno, una proteasi che può attivare il complemento, generare
chinine, iniziare la Fibrinolisi e degradare le componenti del connettivo.
Anche
i macrofagi alveolari possono rilasciare collagenasi ed elastasi, peraltro in
quantità così piccole che il ruolo di questi mediatori nella patogenesi del
danno interstiziale è sconosciuto. Le basse vie aeree sono protette in maniera
efficace contro l'elastasi neutrofila, ma sono debolmente protette contro gli
altri enzimi.
Ossidanti: Macrofagi alveolari, eosinofili e soprattutto i
neutrofili attivati possono rilasciare ossidanti tossici, l’anione superossido,
il perossido d'idrogeno e radicali idrossilici. Inoltre, in presenza di alogeni
come CI e mieloperossidasi, un enzima contenuto nei neutrofili e nei macrofagi
immaturi, lH2Oè convertita nel tossicissimo radicale H2O2. Questi ossidanti possono danneggiare direttamente
l' endotelio, l' epitelio e le cellule mesenchirnali che costituiscono la
parete alveolare, sebbene le cellule epiteliali di tipo I e quelle endoteliali
siano maggiormente sensibili.
Fattori
chermiotattici: Quattro fattori chemiotattici possono essere
correlati nella patogenesi delle malattie intestiziali: (A: leucotriene B4 lipide a basso peso molecolare Prodotto dai macrofagi
alveolari attivati che attrae neutrofili e, in minor misura, monociti ed
eosinofili;
(B:
fattore chemiotattico monocitano (monocyte-Chemotactic Factor MCF), proteina
rilasciata dai linfociti T attivati che attrae i monoliti;
(C: fattore di
crescita di derivazione piastrinica \Platelet-Derived Growth Factor PDCF), mediatore che attrae monoliti e neutrofili:
(D:
interluchina 2 prodotto delle
cellule T attivate che, sinergicamente al fattore di crescita
cellulare T, è un chemiotattico per le cellule T helper.
Mediatori immuni: Fagociti mononucleati, cellule T
helper inducer, linfociti T suppressor
citotossici e B linfociti sono presenti nell’interstizio normale; il loro
numero aumenta in quasi tutte le malattie croniche dell’interstizio.
Metaboliti dannosi
prodotti localmente: Il concetto di tossine locali come sorgente di danno
interstiziale è ben spiegato dal fenomeno oxigen toxicity dove l’iperosia promuove
la formazione di un eccesso di radicali liberi dell’ossigeno da parte delle
cellule parenchimali del polmone.
Agenti esterni: Tra gli agenti esterni che causano danno
interstiziale vi sono; paraquat, radiazione ionizzanti, nitrofurantonina,
bleumicina, ciclofosfamide,
amidarone.
Accumulo di molecole
extracellulari: In alcune
malattie relativamente rare, il meccanismo primario di danno della parete
alveolare è l'accumulo di materiale extracellulare nella matrice connettivale
dell'interstizio. Un esempio tipico è costituito dall’accumulo di sostanza
amiloide (amiloidosi).
Ischemia: le vasculiti come la granulomatosi di Wegener,
provoca spesso ischemia distale ai segmenti coinvolti. Linfiammazione
dell’interstizio è qualche volta seguita da necrosi.
Conseguenza
meccaniche del danno interstiziale: In entrambi i tipi di danno distorsione e fibrosi lo
spazio disponibile per l’aria diminuisce e le resistenze meccaniche per lo
stiramento dell’interstizio aumentano. Inoltre, il danno tipo fibrosi è
associato a un incremento del numero dei miofibroplasti e delle cellule
muscolari lisce nella parete alveolare. Conseguentemente i volumi polmonari,
includendo capacità vitale (CV), volume residuo (VR) e capacità
polmonare totale (TLC) risultano ridotti. La diminuzione funzionale del
letto capillare alveolare induce la riduzione della capacità di diffusione
alveolo-capillare.
Alterazione dello
scambio dei gas: Il danno
interstiziale grave di solito causa leggera ipossiemia arteriosa che peggiora
sotto sforzo. l’ipossiemia arteriosa deriva da due meccanismi:
Masmatiching: tra a
ventilazione alveolare e flusso sanguigno alveolare; Rapidità del flusso dei
globuli rossi attraverso il letto capillare del polmone ristretto, con
formazione di una condizione equivalente a una limitata diffusione alveolare
capillare. Il danno interstiziale massivo da restrizione del letto vascolare
polmonare, causato dalla perdita dei capillari polmonari, genera ipertensione
polmonare con conseguente aumento di lavoro del ventricolo destro. La
diminuzione gettata cardiaca che ne deriva riduce ulteriormente il trasporto di
ossigeno ai tessuti.
Classificazione e
patogenesi:
nonostante l’eterogeneità della natura
delle malattie interstiziali, tutte condividono una patogenesi comune. In
conseguenza della noxa iniziale, cellule infiammatorie e cellule
effettrici immunitarie si accumulano nell’interstizio del parenchima polmonare.
Questo accumulo all’interno delle strutture degli alveoli viene definito
alveolite. Quando l’alveolite diventa cronica, le strutture alveolari sono
danneggiate e le aree di parenchima polmonare sono sostituite da tessuto
fibroso. Prima della formazione della fibrosi, l’alveolite è considerata
reversibile. Istopatologicamente, la malattia interstiziale all’ultimo stadio
mostra tipicamente la sostituzione in senso fibrotico degli alveoli, lesioni
cistiche nel parenchima e dilatazione e distorsione delle piccole vie aeree.
Diversi termini sono usati per descrivere specifici
quadri istologici di malattie interstiziali.
(1: Polmonite desquamativa interstiziale (PID). E’ caratterizzata
da uno spiccato incremento di cellule mononucleate intralveolare ma con una
minima fibrosi interstiziale. E’ generalmente considerata come una espressione
istologica di alveolite causata da una varietà di meccanismi iniziali.
(2: UIP (Usual Interstizial Pneumonitis). In questo quadro una
considerevole fibrosi con distorsione dei setti alveolari accompagna la reazione infiammatoria.
(3: Bronchiolite obliderante e polmonite
interstiziale. E caratterizzata da tappi fibrosi che ocludono le piccole vie
aeree in associazione con un aspetto istologico di UIP.
L’alterazione della diffusione e/o
l’alterazione de rapporto ventilazione / perfusione indotto dalle fibrosi
polmonari causa ipertensione polmonare.
Dal
punto di vista emodinamico, l’ipertensione polmonare, che peggiora sotto sforzo,
è comune nei pazienti con malattia interstiziale avanzata. I meccanismi
responsabili di ipertensione polmonare comprendono distruzione dei vasi
sanguigni a causa dei processi interstiziali, riduzione della distensibilità
del letto vascolare polmonare, lesioni vascolari polmonari ostruttive
(ipertrofia della tonaca media o proliferazione intimale) e vasocostrizione
causata da ipossia alveolare. Dal punto di vista patogenico i macrofagi
attivati di pazienti con fibrosi polmonare idiopatica, studiati in vitro producono una quantità maggiore di
fibronectina rispetto ai macrofagi normali. L’azione della fibronectina è di
regolare l’adesione cellulare e la propagazione di una varietà di cellule, tra
cui i
fibroplasti. La molecola
agisce anche come fattore chemiotattico per il collagene. La fibronectina
sembra che agisca come opsonina per il collagene. D’altra parte anche i
linfociti modulano una vasta gamma di azioni di stimolazione, attrazione, e
regolazione di tipo II a predominare, i pazienti con alveolite fibrosante
criptogenica possono ottenere miglioramento radiologico e fisiologico dalla
terapia steroidea.Il miglioramento indotto dalla terapia steroidea è inferiore
nei pazienti in cui prevale la componente di tipo I del collagene.
Decorso
e prognosi
Il
monitoraggio dell’attività della malattia va riservato a quei pazienti in cui è
stato dimostrato che la progressione è in corso. Il monitoraggio dell'attività
e della progressione della malattia,
negli stadi precoci, è indispensabile anche
se il paziente presenta una sintomatologia relativamente scarsa Il punto di riferimento del
monitoraggio si basa sulla valutazione
funzionale. Solitamente una serie di semplici test è sufficiente, purché
includa la determinazione dei volumi polmonari, la ventilazione è la capacità
di diffusione alveolo–capillare (TLCO). Gli
esami effettuati dopo sforzo sono spesso d’aiuto, in modo particolare la
determinazione dell'indice cardiaco, il consumo di ossigeno e la pressione
arteriosa di O2 (PaO2).L’uso
di radioisotopi (67Gallio)è stato indicato come utile metodo per il monitoraggio
dell’attività nella sarcoidosi, ma esso riflette particolarmente l'attività dei
macrofagi / istiociti, e pertanto è probabilmente il riflesso dell'attività del
granuloma piuttosto che la tendenza a progredire verso la fibrosi.
Nell'alveolite criptogenica fibrosante, un disordine in cui la tendenza alla
fibrosi progressiva è elevata, la scintigrafia con 67 Gallio denota solitamente incrementi modesti. Il lavaggio bronco-alveolare
(BAL) viene considerato
un valido metodo per il monitoraggio dell’attività, in quanto è in grado di
mettere in evidenza, nei fibrotici, un aumento del numero dei neutrofili e nei
pazienti con sarcoidosi il numero dei linfociti.
La percentuale di sviluppo della fibrosi
varia considerevolmente in considerazione della natura dell'agente primario e
dell'ospite. La fibrosi nei pazienti affetti da sarcoidosi, ad esempio,
intercorre in meno del 20% dei pazienti che presentano le caratteristiche di
malattia acuta; in questo gruppo il tasso di progressione è molto variabile.
Alcuni sviluppano ombre fibrotiche che persistono invariate per uno due
decenni, altri progrediscono verso la contrazione fibrotica in meno di 5 o
6
anni. Nell'alveolite allergica estrinseca la progressione del quadro nodulare
acuto in fibrosi fatale è anch’essa molto variabile: può essere estremamente
rapida, ma talvolta è reversibile con precoce terapia steroidea. Nell’alveolite
fibrosante criptogenica alcuni pazienti muoiono nel giro di 12 mesi,
mentre altri possono sopravvivere con grossolane anormalità del torace ma con
apparente arresto della malattia per 30 anni o più,
nonostante la media di sopravivenza sia di circa 10/15 anni. Nel caso
delle polveri fibrosanti la
fibrosi di solito evolve più lentamente e talvolta si manifesta anni dopo che è
cessata l’esposizione La progressione della patologia è in relazione a
numerosi fattori, quali la persistenza degli agenti citotossici, il grado di
relatività verso i corpi estranei, la difettosa clearance dei normali
contaminanti ambientali, lo sviluppo di anticorpi contro i prodotti
infiammatori e la persistenza, geneticamente determinata, delle reazioni
infiammatorie e immunologiche causate dai vari stimoli. La distribuzione
anatomica della fibrosi all'interno del parenchima polmonare è variabile. La
fibrosi a insorgenza acuta delle forme granulomatose è di solito assai diffusa
e colpisce tutte le regioni polmonari, mentre negli stadi di cronicità la
fibrosi è a carico dei lobi superiori. In corso di asbestosi la fibrosi
colpisce preferenzialmente i lobi inferiori. Anche l’alveolite fibrosante
criptogenica è caratterizzata da fibrosi prevalente alle basi. L’esempio più
caratteristico di questo tipo di distribuzione della fibrosi è la polmonite
interstiziale desquamativa. La distribuzione basale della fibrosi è anche
comunemente riscontrata nella sclerosi sistemica, nell’artrite reumatoide
riscontrata e nel lupus erimatoso associato ad alveolite fibrosante. Questa distribuzione sistemica ci
suggerisce che le lesioni polmonari dipendono più probabilmente dalla
circolazione piuttosto che dalla ventilazione.
Queste situazioni
suggeriscono che quando gli agenti lesivi, quali immunocomplessi, farmaci,
endossine, farmaci citotossici, o altri materiali dannosi
per il tessuto, raggiungono il polmone attraverso il circolo polmonare, saranno
prevalentemente colpite le aree più per fuse. I granulomi fibrotici tendono
quindi ad avere una distribuzione preferenziale nei lobi superiori, mentre
l’essudazione cronica dai capillari, a prescindere dalle cause che la
determinano, si localizza prevalentemente nelle zone inferiori. Una diffusione
verso l’alto della distribuzione basale è indice di crescita della gravità e
dell’estensione del danno capillare.
Manifestazioni cliniche
Il sintomo più comune e la dispnea, associata a tosse secca,
irritativa e persistente. Sono spesso presenti fini creptii di fine
inspirazione. L’ippocratismo digitale si manifesta in circa il 60% dei
pazienti con alveolite fibrosante criptogenica e asbestosi, ma è molto meno
comune nelle altre forme di fibrosi diffusa. La comparsa delle dita a bacchetta
di tamburo talvolta prevede di molti anni la malattia polmonare.
Indagini strumentali
Il quadro radiologico della distrofia polmonare a nido d’ape è ben
correlabile con la patologia nell’ispezione diretta del torace. E pratico
distinguere dal punto di vista diagnostico il quadro a nido d’ape che si trova
irregolarmente dentro le aree di fibrosi marcata, dal polmone a nido d’ape,
dove il quadro cistico è più uniformemente distribuito in tutto il polmone a
nido d’ape è particolarmente comune nella granulomatosi eosenofila, nella
leiomatosi diffusa, nella sclerosi tuberosa e in altre rarissime condizioni
come l'adenomatosi polmonare. Una fibrosi estesa è talvolta associata con gross
destructive enfisema bolloso nei lobi non fibrotici, mentre m atri casi il
polmone non fibrotico resta relativamente normale, Le ragioni di questa
differenza non sono state studiate approfonditamente. La sovradistensione
enfisematosa dei lobi inferiori associata con la fibrosi dei lobi superiori,
provoca un aumento del volume residuo, mentre la capacità polmonare totale è
relativamente ben mantenuta. Se l’architettura polmonare è ben conservata nei
lobi inferiori sovradistesi, la loro performance è buona, il rapporto
ventilazione /perfusione è mantenuto e la DLCO è ragionevolmente
normale.Nel granuloma eosinofilo, bolle cistiche sono spesso osservate nei lobi
superiori in aggiunta al più comune aspetto di quadro a nido d’ape. La TAC ad
alta definizione rivela anormalità polmonare anche quando le proiezioni
postero-anteriori e laterali della radiografia del torace sono completamente normali.
Terapia
Non esiste attualmente un trattamento per la fibrosi. L’infiammazione acuta prefibrotica può essere spesso soppressa dai corticosteroidi.
Il dosaggio d’attacco dello steroide dovrebbe essere di 1mg/die per os di
prednisone per circa 60 giorni, tentando successivamente la sospensione del
farmaco se si ottiene la risoluzione, o somministrando la minima dose di
steroide qualora la risoluzione non sia raggiungibile. Nei casi in cui
nonostante l’applicazione di dosaggi elevati e protratti di prednisone non si
ottenga riduzione della progressione, della compromissione funzionale, appare
indicato il tentativo di ridurre lo steroide e di introdurre (ciclofosfamide
fino al dosaggio di 150 mg/die per os. Il farmaco necessita di monitoraggio
settimanale della grasi ematica. A lungo termine, uno studio controllato sulla
ciclofosfamide a confronto con i corticosteroidi nell’alveolite criptogenica
fibrosante ha identificato un certo numero di pazienti che rispondevano agli
immunosoppressori, ma non agli steroidi. Anche la penicillamina ha dimostrato
di essere valida nei pazienti refrattari.
Fibrosi polmonare idiopatica
E caratterizzatala un’alveolite da macrofagi alveolari e neutrofili e
da un deterioramento delle unità alveolo-capillari. La fibrosi polmonare
idiopatica insorge prevalentemente nel corso della mezza età, ma tutti i
gruppi di età possono esserne colpiti, a prescindere dal sesso. I pazienti
presentano dispnea sotto sforzo e/o tosse secca, spesso in seguito a malattia
virale. La febbre è rara. È presente ippocratismo digitale. La radiografia del
torace mostra tipicamente un infiltrato reticolo-nodulare diffuso, maggiormente
presente alle basi, in assenza di anormalità ilari o pleuriche e comune il
riscontro di immunocomplessi in circolo. I test di funzionalità respiratoria
dimostrano quadri caratteristici di malattia interstiziale, come la riduzione
dei volumi polmonari statici e della capacità di diffusione e una leggera
limitazione del flusso delle vie aeree. È presente un'ipossiemia a riposo che
si aggrava significativamente con l'attività fisica. Gli studi della
ventilazione e perfusione rivelano diffuse anormalità del loro rapporto. La
scindografia con 67 Gallio mostra una diffusa captazione in tutto il parenchima
polmonare nelle fasi di franca attività della patologia, ma può spesso
risultare negativa anche in fasi di elevata compromissione. Il (BAL) rivela un paterm alveolitico dominato da
macrofagi e neutrofili con
rari linfociti ed eosinofili, elevati livelli di IgG, immunocomplessi e
prodotti derivati dai granulocitti neutrofila. La toracotomia a cielo aperto
mostra un’alveolite diffusa con intensità non uniforme. Si può dimostrare una
spiccata alterazione della parete alveolare con un quadro di tipo fibrotico,
accompagnato da denudamento della membrana basale epiteliale, la sostituzione
delle cellule epiteliali di tipo I con quelle di tipo
II e cellule bronchiolari,
perdita dei capillari espansione dell’interstizio con adema, aumento delle
fibre mesenchimali e masse di fibre collagene alterate. Il decorso clinico è
caratterizzato da perdita progressiva delle unità alveolocapillari, con progressiva
insufficienza respiratoria. La morte sopraggiunge circa 5/10 anni dopo l’esordio dei sintomi; alcuni pazienti
hanno un decorso rapidamente progressivo, altri possono vivere per 15/20 o più anni. Alla patologia si associa un'alta
incidenza di infarto del miocardio e tromboembolia polmonare. Una biopsia a
cielo aperto è necessaria per la diagnosi, dal momento che la fibrosi polmonare
idiomatica non può essere diagnosticata utilizzando solamente i criteri
morfologici.La percentuale di diagnosi mediante biopsia transbronchiale è del 70%, mediante pleuroscopia del 85%.Attualmente, tuttavia si preferiscono tali approcci
diagnostici mini-invasivi al fine di non creare gravi alterazioni pleuriche; in
corso di toractomia diagnostica. Queste alterazioni potrebbero infatti
aumentare le difficoltà di escissione polmonare in corso di trapianto
polmonare. Infatti nel caso tentativi ben condotti di terapia steroidea e
successivamente immunosoppressiva non abbiano indotto riduzione della
progressione della compromissione funzionale, il paziente sia in età inferiore
ai 60 anni è non presenti compromissione multiorgano o particolari
controindicazioni, (come
il diabete insulino dipendente), va posta l’indicazione al trapianto polmonare.
Sarcoidosi:
È una malattia sistemica granulomatosa nella quale il coinvolgimento
dei vari organi è di solito asintomatico. Molto frequentemente la patologia va incontro
a remissione spontanea. L'età più colpita e quella compresa fra i 20 e
i 40 anni. È frequente l’incidenza in membri della stessa famiglia, probabilmente
legata al sistema (HLA): Molto
probabilmente le prime cellule effettrici della risposta immune sono i macrofagi,
che una volta attivati liberano interleuchina I la quale induce proliferazione e accumulo di linfociti T helper e
conseguente diminuzione di linfociti T suppressor e produzione di interluchina II. Da queste reazioni deriva
la formazione del granuloma e l'attivazione del processo fibrotico. Sono
coinvolti numerosi organi.
Polmoni.
Spesso il riscontro è occasionale
ed è caratterizzato da linfoadenopatia ilare e/o microreticolonodulazioni
parenchimali. Assai frequente, la forma acuta (sindrome di Loeffgren) è
caratterizzata da linfoadenopatia, eritema nodoso, uveite e artralgie
periferiche.
Cute. Nelle forme acute si
riscontra frequentemente eritema nodoso conseguente a una reazione vasculitica
o panniculitica da accumulo di linfociti T; nelle forme croniche si manifestano lesione
granulomatose papuliformi sulla cute dell'intero corpo. Molto frequenti sono le
lesioni granulomatose in sedi di cicatrici o tatuaggi. Lo sfigurante lupus
pernio è anch’esso caratteristico delle forme croniche.
Occhi. l'uveite è assai
frequente, ma anche la congiuntiva, la retina e le ghiandole lacrimali sono
spesso coinvolte (sindrome di Heerfordt: uveite + parotite + paralisi del
facciale).
Il Sistema nervoso. Può risultare coinvolto in presenza sia di mono che
di polineuropatia, con disturbi sia sensori che motori; meno frequenti le
localizzazioni encefaliche.
Fegato.
È di solito frequentemente
interessato da formazioni granulomatose, ma in genere tali lesioni sono asintomatche.
Sistema osteomuscolare. le
falangi, i metacarpi e i metatarsi sono le ossa più frequentemente
interessate, con alterazioni radiologicamente evidenziabili (cisti, lesioni reticolonodulari).
Sono frequenti sintomi artritici sia mono che poliarticolari. le lesioni
granulomatose dei muscoli sono di solito asintomatiche, anche se miopatie
acute e croniche possono risultare invalidanti.
Cuore. Piccole lesioni
granulomatose miocardiche sono di frequente riscontro anche se asintomatiche.
Linfonodi: E
frequente la linfoadenopatia
sottomandibolare o laterocervicale.
Parotidi e ghiandole salivari. Sono
frequenti gli aumenti di volume e le alterazioni della salivazione Gli esami di
laboratorio sono di solito aspecifici e possono rilevare aumento delle
gammaglobuline, della velocità di eritrosedimentazione, della calcemia e
dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE) con linfopenia. Le
lesioni radiografiche del torace distinguono classicamente la malattia in
stadi. Stadio 0: radiografia del torace normale con lesioni extratoraciche
o lesioni polmonari guarite. Stadio I: ingrandimento dei linfonodi ilari. Stadio II a: ingrandimento dei linfonodi ilari + microreticolonodulazione
parenchimale diffusa. Stadio II b il o microreticoionodulazione parenchimale diffusa +
interessamento linfonodale. Stadio III: microretticolonodunazione diffusa con
aree a nido d’ape e retrazione ilare. Le lesioni pleuriche, le cavitazioni e le
subatelettasie sono riscontri occasionali. Il patern predominante delle
funzionalità respiratorie è quello della sindrome restrittiva con lieve
ipposimia e desaturazione da sforzo. Tranne che nello stadio I, nelle forme attive è costantemente presente riduzione
della (DLCO);
l’ostruzione moderata delle piccole vie aeree non è infrequente. La diagnosi di
sarcoidosi va sempre supportata dalla conferma istologica. L’approccio
diagnostico più opportuno è la biopsia transbronchiale, la cui sensibilità è
elevatissima anche nei casi di solo interessamento linfoghiandolare. Anche le
biopsie delle lesioni cutanee, delle ghiandole lacrimali, salivari o
linfoghiandolari sottocutanee possono essere utili. La lesione istologica è il
tipico granuloma a cellule epitelioidi e multinucleate gicantocellulari senza
nuclei di caseificazione con o senza corpi inclusi. I parametri più utili nella
valutazione clinica della malattia derivano dall’analisi della diffusione
alveolo-capillare e della capacità vitale. La capacità polmonare totale è molto
utile nella valutazione iniziale. I sintomi più importanti sono tosse, febbre,
dispnea, artralgia, perdita di peso, affaticamento, lesioni erimatose della
cute,oltre naturalmente ai sintomi specifici di interessamento d’organo
(disturbi neurologici,alterazione della funzionalità epatica, alterazione della
salivazione, disturbi oculari ecc.).La terapia va impostata solamente in quei
casi istologicamente provati in cui sono contemporaneamente presenti l’attività
clinica, la compromissione funzionale di malattia e la sintomatologia clinica;
negli altri casi l’evoluzione della malattia è spontaneamente autolimitantesi.
L’attività clinica della malattia va valutata mediante la scintigrafia
polmonare con 67 Gallio e la valutazione dell’intensità dell’alveolite
linfocitaria sul fluido di BAL, effettuato in corso di broncoscopia. La
compromissione funzionale respiratoria va valutata mediante la dimostrazione di
una sindrome restrittiva o da alterazione della DLCO o da desaturazione
durante lo sforzo. Nelle sindromi extrapolmonari può essere utile la
scintigrafia con 67Gallio estesa
all’intero corpo, mentre specifiche sono le compromissione funzionali dei vari
organi ( artralgie e disturbi neurologici). I protocolli di terapia comprendono
dosaggio di 30-40 mg iniziali, con precoce riduzione a 25 mg/ die
di prednisone. Lo steroide andrà ridotto il più precocemente e progressivamente
possibile. E buona norma controllare il paziente con periodici follow-up
attraverso i vari esami di compromissione funzionale e attività clinica. Dopo
90 giorni di steroide per os (25mg/die) è consigliato il controllo della
diffusione alveolo-capillare; qualora fosse significativamente migliorata e i
sintomi controllati, sarà plausibile dimezzare il prednisone e proseguire per 90 giorni.
Il successivo controllo si potrà effettuare sul fluido di BAL e sé
l’alveolite sarà diminuita si dimezzerà lo steroide fino al successivo
controllo che comprenderà la scintigrafia con 67Gallio. Qualora, invece, l’alveolite non fosse diminuita, si
proseguirà con il medesimo dosaggio di prednisone fino al successivo controllo.
Nelle forme croniche in cui la sospensione della terapia induce la ripresa
della malattia è opportuno utilizzare cronicamente la più bassa dose di
steroide possibile, sufficiente a non indurre progressione di malattia. Tale
atteggiamento va tenuto soltanto sei tentativi con steroidei sono stati
correttamente effettuati.